La Procura di Catania: “Naso va arrestato”

Voto di scambio a Paternò: ricorso contro decisione sul sindaco

CATANIA – La Procura di Catania ha presentato appello contro la decisione del gip di rigettare la richiesta di un’ordinanza cautelare nei confronti del sindaco di Paternò Antonino Naso, dell’ex consigliere comunale ed ex assessore Pietro Cirino e dell’assessore dell’attuale giunta Salvatore Comis, tra gli indagati dell’operazione ‘Athena’ eseguita ieri dei carabinieri. Il reato ipotizzato, in concorso con due presunti esponenti del clan Morabito legato alla ‘famiglia’ Laudani di Catania, Vincenzo Morabito e Natale Benvenga, è di scambio elettorale politico-mafioso.

Cirino è tra i quindici destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita ieri, ma per altri reati. Nell’ordinanza contestata dalla Procura, il gip ritiene sia da escludere la sussistenza dei necessari gravi indizi di reato riguardo alla posizione del sindaco Naso. Secondo il giudice l’assunzione di due persone vicine alla cosca in un’azienda che si occupa di rifiuti e il presunto sostegno elettorale “non appaiono prospettabili” ; citando un provvedimento della Cassazione il gip ricorda che ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso è necessaria “la prova che l’accordo contempli l’attuazione, o la programmazione, di un’attività di procacciamento di voti con metodo mafioso”.

L’appello firmato dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo riguarda complessivamente sette indagati, per i quali la Procura chiede al tribunale il carcere o gli arresti domiciliari. L’inchiesta Athena, con 56 indagati, si basa su indagini dei carabinieri di Paternò e avrebbe fatto emergere gli interessi del clan Morabito sulle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa.

“So di essere estraneo all’accusa che mi è stata mossa di voto scambio – aveva dichiarato Naso – dal momento che tutta la mia vita è stata improntata al massimo rispetto della legge e per nulla al mondo avrei mai abdicato ai principi di correttezza e onestà cui ho uniformato al mio agire privato e pubblico. Apprendo, sempre attraverso gli organi di stampa, che il giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta di misura cautelare avanzata dalla Procura nei miei confronti per mancanza dei gravi indizi, ovvero di elementi idonei a ritenere fondata l’accusa mossa nei miei confronti”. Poi però è arrivato l’appello.

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