Condannato il boss che voleva Pandetta sul palco

Due secoli di carcere per il clan palermitano di Borgo Vecchio NOMI

PALERMO – Regge in appello, pur con qualche sconto di pena, la sentenza di primo grado contro il clan mafioso del Borgo Vecchio di Palermo. La corte ha condannato complessivamente a quasi due secoli di carcere boss, gregari ed estortori. A 16 anni e 10 mesi è stato condannato Jari Ingarao, del quale sono stati accertati i legami con il cantante neomelodico catanese Niko Pandetta, che andava a trovarlo mentre era ai domiciliari; a 8 Danilo Ingarao, a 7 anni e 4 mesi Gabriele Ingarao, a 2 anni Francesco Paolo Cinà e Vincenzo Marino, a un anno e 4 mesi Giacomo Bologna, Davide Di Salvo e Gianluca Alteri, a 13 anni e 5 mesi in continuazione con una precedente condanna Girolamo Monti, a 10 anni e 4 mesi, sempre in continuazione, Giuseppe Gambino, a 13 anni e 4 mesi Salvatore Guarino.

La “famiglia” gestiva affari ed estorsioni nel quartiere e imponeva anche la scaletta delle canzoni suonate nelle feste rionali attraverso l’imprenditore Salvatore Buongiorno, che è stato condannato a 6 anni e 8 mesi. L’inchiesta aveva portato a 20 arresti. Ingarao, re del traffico di droga, voleva a tutti i costi Pandetta sul palco del rione durante la festa patronale. Il clan controllava il comitato organizzatore e decideva chi dovesse esibirsi, oltre a mettere insieme i soldi per l’ingaggio attraverso le estorsioni. All’indagine hanno collaborato molte vittime del racket: su 20 estorsioni scoperte dai carabinieri, 14 sono state denunciate spontaneamente dalle vittime. E cinque sono state confermate dai commercianti chiamati a testimoniare in caserma. Una novità assoluta per un quartiere come il Borgo Vecchio, allora controllato dal capomafia Angelo Monti.

Le intercettazioni hanno dimostrato inoltre come molti estortori fossero sempre più riottosi a chiedere il denaro e preferissero altre attività criminali ritenute più sicure e redditizie come le rapine, temendo le denunce. “In questa salumeria ci puoi andare. Questo pagava! Mentre da quest’altro no, questo è sbirro”, diceva uno dei fermati. Gli inquirenti hanno anche svelato l’esistenza di un fiorente traffico di droga gestito dal nipote del boss Monti, Jari Ingarao, che dagli arresti domiciliari curava tutta la filiera del business: dall’approvvigionamento in Campania, alla rete dei pusher che controllavano le piazze di spaccio.

Paolo Alongi ha avuto 6 anni e 8 mesi, Giovanni Bronzino 8 anni e 4 mesi, Domenico Canfarotta 8 anni, Giuseppe D’Angelo 2 anni e 4 mesi, Marcello D’India 8 anni e 4 mesi, Antonino Fortunato 6 anni e 8 mesi, Salvatore Guarino 20 anni in continuazione con una precedente condanna. Giuseppe Lo Vetere è stato condannato a 7 anni e 6 mesi, Pietro Matranga a 5 anni, 3 mesi, Francesco Mezzatesta a 2 anni e 4 mesi, Emanuel Sciortino a 7 anni e 4 mesi, Vincenzo Vullo a 4 anni e 8 mesi, Emanuel Sciortino a 7 anni e 4 mesi, Giovanni Zimmardi a 13 anni e sei mesi. Confermati i risarcimenti concessi ad Addiopizzo, al Centro Studi Pio La Torre, al Comune di Palermo, a Sicindustria, al Coordinamento antiracket, a Solidaria, a Confcommercio, Sos Impresa, alla Federazione antiracket, allo Sportello di solidarietà e ad alcuni commercianti vittime del racket.

 

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