Il disavanzo della discordia

Per il 2° anno consecutivo la Corte di conti sospende il giudizio sul rendiconto della Regione

PALERMO – Il collegio della sezione di controllo della Corte dei conti, accogliendo la richiesta della Procura generale, ha sospeso il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione siciliana per il 2021, rinviando alla sentenza della Corte costituzionale che deve ancora pronunciarsi sui tempi della spalmatura del disavanzo del 2018, tre anni secondo i giudici contabili, 8 anni secondo il governo Schifani, forte della legge dello Stato approvata l’anno scorso.

Per il secondo anno consecutivo dunque i giudici contabili lasciano nel limbo il consuntivo della Regione siciliana. L’avevano fatto già l’anno scorso col rendiconto del 2020 facendo ricorso di legittimità alla Corte costituzionale sulla questione relativa al disavanzo e per il quale si aspetta ancora la pronuncia della Consulta: questo nonostante la Corte quest’anno abbia riconosciuto progressi, sostanziali, all’amministrazione regionale nella gestione dei conti pubblici rispetto a un anno fa, apprezzando la collaborazione istituzionale.

E’ passata tra i giudici la linea del pg Maria Aronica che nella sua requisitoria ha sollecitato il collegio a sospendere il giudizio. A pesare sulla decisione ancora una volta la questione relativa al disavanzo: per la Corte la Regione avrebbe dovuto ripianare il deficit sorto nel 2018 e pari a 1 miliardo e 26,1 milioni di euro nei tre esercizi di bilancio successivi, mentre l’allora governo Musumeci, con l’allora assessore all’Economia Gaetano Armao, lo spalmò in dieci anni, forte di un accordo con lo Stato, ma contestato l’anno scorso dai giudici contabili perché firmato solo in seguito.

La sensazione tra i dirigenti regionali che lavorano al dossier sui conti della Regione è che quello della Corte sia un atto dovuto per mantenere la posizione giuridica assunta l’anno scorso, rispedendo così la palla alla Consulta che si deve pronunciare sul disavanzo. Ciò nonostante il governo abbia ribadito oggi la primogenitura implicita della legge sul patto amministrativo contestato dai giudici. Per Schifani comunque “la sentenza odierna seppur incomprensibile e non condivisibile, è priva di effetti finanziari e infondata sotto il profilo giuridico” perché “la nuova legge ha superato la norma impugnata dalla Corte”.

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