‘Rdc 65% al Sud, ma al Nord 70% aiuti Covid’

Il presidente Inps a Palermo: "Riforma pensioni su strada giusta"

PALERMO – Presentato a Palermo il XXI rapporto annuale dell’Inps, già reso noto lo scorso luglio. Il presidente dell’istituto di previdenza, Pasquale Tridico, si è soffermato sull’analisi di alcuni punti, tra questi il reddito di cittadinanza, con riferimento alla spesa nel Sud. “La spesa totale dell’Istituto nel 2021 è stata di 385 miliardi di euro tra pensioni e assistenza: abbiamo speso circa 60 miliardi per prestazioni Covid tra cassa integrazione, bonus per gli autonomi e altro – ha detto Tridico -. Continuiamo a dire che il 65% del reddito di cittadinanza va al Sud, ma dimentichiamo di dire che il 70% delle prestazioni Covid sono andate al Nord. Anche per un fattore di onestà nei confronti di tanti cittadini del Sud bisogna guardare alla spesa nel suo complesso e non ai 7,6 miliardi che all’anno si spendono per il reddito di cittadinanza”. 

Tridico si sofferma anche sul mercato del lavoro. “Il rapporto individua il Paese in forte recupero nel 2021, in crescita occupazionale ed economica. Segnala tuttavia anche una frammentazione del mercato del lavoro in termini di occupazione, precarietà e di bassi salari – ha aggiunto Tridico -. Riportiamo un terzo di lavoratori che guadagna sotto i mille euro e un 22%, che è un picco storico, di lavoro a termine. Sono problemi che riscontriamo rispetto anche a una transizione verso l’uscita dal mercato del lavoro, ovvero la pensione con redditi sempre più bassi. Il fattore di investimento offerto oggi dal Pnrr potrebbe essere soprattutto al Sud e città come Palermo un volano per risolvere quei problemi strutturali che ha il nostro mercato del lavoro”.

Poi Tridico ha snocciolato il dato sull’Opzione donna’: “Ha avuto un tiraggio rispetto alla platea del 25%, un dato che dimostra che la scelta è stata fatta da meno di un terzo delle donne. Dato basso? E’ una scelta. Tutti sanno che col modello contributivo se si va in pensione prima si va con un minore assegno pensionistico. E’ normale nel nostro modello contributivo, ce lo abbiamo dal ’95, l’abbiamo riconfermato con la riforma Fornero”.

Infine, a proposito della riforma delle pensioni e dell’ipotesi quota 58-59 anni con 35 di anzianità per gli uomini con un assegno più basso, ha aggiunto: “Credo che tutte queste riforme siano orientate a un principio giusto, ovvero quello di garantire una certa flessibilità in uscita rimanendo ancorati tuttavia al modello contributivo. Su questo eravamo orientati anche durante il governo Draghi. Quindi se si va in questa direzione poi ovviamente la politica deciderà ma si sembra che si è abbastanza in linea rispetto a quello che si stava facendo”. 

In linea col dato nazionale su Pil, crescita dell’occupazione e delle aziende, in Sicilia nel 2021 per altri aspetti “tipici delle realtà del Sud”, come l’assistenza, l’invalidità civile e il reddito di cittadinanza “abbiamo avuto una forte crescita nonostante una ripresa economica che però non ha visto colmare il gap rispetto all’anno precedente”, ha detto Sergio Saltalamacchia, direttore regionale Inps Sicilia.

“Molto probabilmente la lettura è questa – ha aggiunto – la crescita economica non è sufficiente ad assorbire fette di povertà così ampie che si sono purtroppo confermate. Come confermano i numeri pensionistici, purtroppo una quota molto alta di pensioni va ai superstiti: la quota è quasi tripla rispetto alla media nazionale e significa che complessivamente le pensioni in Sicilia sono più vecchie rispetto al resto del territorio”.

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