“L’Ucraina vive il suo 11 settembre da 20 giorni”

Zelensky: "Ma non molliamo". Putin: "Dimentica il genocidio nel Donbass"

Gli occhi del mondo sono puntati sul nuovo tavolo di trattativa fra Russia e Ucraina, previsto per oggi, nella speranza di un compromesso che porti a una tregua. I margini per un successo restano ancora molto limitati, ma il Financial Times anticipa una bozza di piano di pace in 15 punti che include la rinuncia da parte dell’Ucraina alla Nato e la promessa di non ospitare basi militari straniere o armi, in cambio di protezione da alleati quali Stati Uniti, Gran Bretagna e Turchia.

Prosegue intanto l’attività militare sul campo, mentre il presidente ucraino Zelensky e quello russo Putin hanno fatto sentire con forza la propria voce a sostegno delle rispettive posizioni. Zelensky è intervenuto in videoconferenza al Congresso Usa, ribadendo le richieste di un maggiore coinvolgimento dell’Occidente nel conflitto. “Kiev è vittima dei bombardamenti dei russi tutti i giorni, ma noi non molliamo, come tutte le altre città”, ha detto sottolineando che il suo Paese “vive l’11 settembre da tre settimane”. Ha poi ribadito l’appello per una “No-fly zone” e si è rivolto direttamente al presidente Usa Biden: “Essere il leader del mondo vuol dire essere leader della pace”.

Incontrando poi il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan, gli ha chiesto di riconoscere la Russia come “Stato terrorista”. A strettissimo giro è arrivata, quasi in risposta, la presa di posizione di Putin, che ha rivendicato le ragioni di Mosca in una serie di dichiarazioni riportate dalla Tass: il leader del Cremlino ha sostenuto che le operazioni militari in Ucraina “proseguono con successo”, ma l’obiettivo non è l’occupazione, e ha evidenziato che a subire “un vero genocidio” sono stati gli abitanti del Donbass per 8 anni. Ha inoltre chiesto agli Usa di fermare le forniture di armi all’Ucraina e ha accusato l’Occidente di agire verso la Russia come “con i pogrom”, le persecuzioni verso le minoranze religiose.

Al ventunesimo giorno dell’invasione, le forze militari russe continuano a non avanzare in modo significativo sul terreno, ma sembrano intensificare i bombardamenti sul fronte meridionale, particolarmente contro Odessa – terza città e principale porto del Paese – e Mariupol, nonché sugli altri centri urbani, in primis Kiev e Kharkiv. Due civili sarebbero stati uccisi proprio a Kharkiv, altri dieci sarebbero stati colpiti mentre erano in coda per il pane a Chernihiv, vicino al confine con la Bielorussia.

Le forze ucraine hanno rivendicato l’uccisione di un quarto generale russo nei pressi di Mariupol e denunciato il rapimento, da parte degli occupanti, del sindaco della città portuale ucraina di Skadovsk Oleksandr Yakovlev e il suo vice Yuri Palyukh, poi rilasciati. Resta escluso il coinvolgimento degli eserciti occidentali e l’ipotesi è stata scartata in maniera netta dal portavoce del governo tedesco: “Nessun militare e nessun elemento del personale della Nato dovrà entrare in Ucraina. Su questo abbiamo una chiara linea rossa”.

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