Nonostante i significativi progressi in ambito cardiologico, ogni anno, in tutto il mondo, le morti improvvise sono ancora 4-5 milioni. Queste morti sono prevalentemente il risultato di malattie cardiache, talvolta misconosciute, che causano nella vittima fibrillazione ventricolare e arresto cardiaco. L’infarto miocardico rimane la causa principale, ma soprattutto nei giovani e negli atleti hanno un ruolo di primo piano le malattie aritmogene ereditarie come le cardiomiopatie. Mentre il numero di morti improvvise è rimasto stabile per diversi anni, malgrado gli investimenti fatti per migliorare la prevenzione, le probabilità di sopravvivere a un arresto cardiaco potrebbero essere migliorate significativamente. Al Policlinico Paolo Giaccone di Palermo un’equipe di cardiologi e cardiochirurghi ha portato a termine con successo una procedura di impianto di Aurora EV-ICD, un dispositivo, unico nel suo genere, in grado di prevenire proprio la morte cardiaca improvvisa.
Si tratta del terzo impianto fatto in Sicilia e realizzato grazie al lavoro sinergico svolto dall’equipe medico-infermieristica delle unità operative di Cardiologia, diretta da Alfredo R. Galassi, e Cardiochirurgia, diretta da Vincenzo Argano. La procedura è stata eseguita dall’aritmologo Giuseppe Coppola e dal cardiochirurgo Salvatore Torre, entrambi certificati per l’impianto del defibrillatore extravascolare a seguito del superamento del corso di addestramento seguito presso l’Accademia Orsi a Ghent, in Belgio.
Ad oggi, il Policlinico Paolo Giaccone è una delle due aziende ospedaliere in Sicilia e tra le 15 in Italia con una equipe ibrida (aritmologo e cardiochirurgo) certificata per l’impianto di questi dispositivi. Il nuovo sistema, dunque, segna un’evoluzione nella tecnologia dei defibrillatori impiantabili. Aurora EV–ICD, infatti, fornisce defibrillazione salvavita e terapia di stimolazione antitachicardica tramite un solo dispositivo impiantabile simile per dimensioni, forma e durata, ai tradizionali defibrillatori cardiaci transvenosi (comunemente chiamati ICD, Internal Cardioverter Defibrillator).
“Un risultato – spiega Egle Corrado, responsabile del reparto di Cardiologia intensiva a cui afferisce l’attività aritmologica – che è frutto di una pianificazione strategica nella condivisione di risorse e competenze professionali”. L’intervento è stato realizzato su un paziente a rischio di morte cardiaca improvvisa il cui precedente defibrillatore era stato espiantato a seguito di complicanze infettive. E’ ancora molto complesso individuare le persone a rischio di arresto cardiaco improvviso, e attualmente la prevenzione e la gestione dei fattori di rischio tradizionali per le malattie coronariche e l’infarto (ipertensione, ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo, diabete, etc…) sono verosimilmente il modo più efficace per ridurre il numero di morti improvvise. In caso di arresto cardiaco, i fattori chiave che portano a una migliore sopravvivenza sono semplici e ben noti: massaggio cardiaco immediato e l’uso di un defibrillatore prima dell’arrivo dei soccorsi.