Test del Dna conferma: Prigozhin è morto

E' giallo sulla "profezia" del capo della Wagner durante un'intervista

MOSCA – In Russia il test del Dna ha confermato l’identificazione del capo della Wagner Yevgheny Prigozhin fra i morti dell’incidente aereo del 23 agosto. Lo conferma la commissione d’inchiesta russa sull’incidente, citata dalle agenzie. E attorno a questo giallo emergono sempre nuovi, inquietanti, particolari. La Russia paragonata a un aereo che rischia di disintegrarsi in volo: la metafora usata da Yevgeny Prigozhin in un’intervista qualche mese fa, e riproposta ora da un canale Telegram vicino alla sua Wagner, scatena le reazioni e le teorie del complotto tra i suoi sostenitori. Prima fra tutte quella, già circolata nei giorni scorsi, che Prigozhin in realtà non sia morto e che si appresti a ricomparire al momento opportuno. “Non mentirò, devo dire onestamente che la Russia è sull’orlo del disastro, e se le viti non saranno strette adeguatamente, l’aereo si sgretolerà in volo”, diceva il capo della Wagner in un’intervista diffusa il 29 aprile e un cui spezzone è stato postato dal canale Grey Zone.

“Oggi abbiamo raggiunto il punto di ebollizione”, aggiungeva Prigozhin, affermando che era pronto ad essere “ucciso” piuttosto che mentire e richiamando le denunce di incompetenza più volte espresse contro i vertici militari nei mesi che hanno preceduto la tentata rivolta della sua compagnia militare privata il 24 giugno. Il post ha collezionato oltre 800 reazioni, che vanno da quelle più scontate secondo le quali Prigozhin “sapeva” come sarebbe morto a quelle secondo le quali il capo della Wagner avrebbe solo inscenato la sua fine. “Evgeny Viktorovich, basta così, è ora di tornare”, scrive un utente. Già nel 2019, del resto, Prigozhin era stato dato per morto in un incidente aereo in Congo ed era riapparso solo dopo alcuni giorni. Alcuni accusano il presidente russo Vladimir Putin di avere ordinato l’uccisione di Prigozhin, altri gli ucraini o “gli anglosassoni”. Un follower del canale afferma che è “un peccato che non abbia raggiunto Mosca” con la sua marcia per la giustizia del 24 giugno. “E’ un peccato – aggiunge un altro – che coloro ai quali queste parole sono dirette le ignorano, e quelli che ascoltano muoiono”.

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