“Rosalia Messina Denaro tutt’uno con Cosa nostra”

Palermo: i motivi del no dei giudici alla scarcerazione 

PALERMO – Rosalia Messina Denaro, sorella del boss Matteo, aveva un ruolo centrale in Cosa nostra. A parlarne è il tribunale del Riesame che ha depositato le motivazioni del provvedimento col quale ha rigettato la richiesta di scarcerazione presentata dal legale della donna. “Gli elementi raccolti nel corso delle indagini hanno fatto emergere l’effettivo contributo prestato in modo convinto e consapevole dall’indagata all’interno dell’associazione, veicolando informazioni, eseguendo le direttive del capo e gestendo la cassa comune, il tutto come preziosa e fedele esecutrice delle direttive del capomafia latitante e agendo anche nella piena conoscenza di argomenti, questioni, nomi in codice e segnali”.

La sorella del boss è stata arrestata a marzo scorso per associazione mafiosa. Il tribunale parla di “una stretta, protratta e variegata compenetrazione della donna con Cosa nostra” e di un suo “contributo radicato e stabile offerto all’interno dell’associazione in più ambiti come il coordinamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in modo continuativo e fiduciario”. Rosalia Messina Denaro sarebbe stata “abituale veicolatrice di messaggi in modo da consentire all’esponente di vertice di continuare ad esercitare le sue funzioni direttive, occupandosi di incarichi coinvolgenti terzi individui, gestendo la cassa comune dell’associazione e predisponendo l’apposito rendiconto, programmando modi accorti di gestire le situazioni di criticità, e dunque dando pienamente conto dell’assunzione da parte sua di compiti variegati, specifici e stabili, sintomatici di una disponibilità assoluta su cui l’associazione poteva costantemente fare affidamento e idonei a rivelare il consapevole contributo causale e volontario alla realizzazione dei fini del sodalizio criminale”.

I giudici parlano di “specifiche e allarmanti modalità della condotta. La determinazione criminosa della Messina Denaro è sintomatica della non mera occasionalità nel delitto. La personalità negativa così delineata – spiegano – non consente nemmeno in concreto di formulare un giudizio positivo in ordine al rispetto delle prescrizioni connesse alle misure meno afflittive della custodia cautelare in carcere, che si rivela l’unica idonea – in relazione alle stringenti limitazioni alla libertà di movimento che essa comporta – a evitare che l’indagata riprenda i contatti intrattenuti nel settore criminale, perseverando nel compimento della condotta delittuosa”.

Resta in carcere anche Laura Bonafede, la maestra di Campobello di Mazara figlia del boss del paese, sentimentalmente legata a Messina Denaro, arrestata il 13 aprile con l’accusa di aver coperto la latitanza del padrino. Pure in questo caso la decisione arriva dal tribunale del riesame. Bonafede rispondeva dei reati di favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena. L’indagine è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gianluca De Leo e Piero Padova.

Il nome dell’insegnante è venuto fuori nel corso delle indagini sulla latitanza del padrino. Immortalata dalle videocamere del supermercato mentre parlava col boss a Campobello due giorni prima del suo arresto, avrebbe provveduto alle necessità di vita quotidiana del latitante, gli avrebbe fatto la spesa per fargli avere rifornimenti temendo che potesse essere contagiato dal Covid e non potesse uscire, avrebbe condiviso con lui un linguaggio cifrato per tutelare l’identità di altri protagonisti della rete di protezione del boss e curato con maniacale attenzione la sua sicurezza.

La maestra sarebbe stata, dunque, uno dei perni intorno al quale ha ruotato la clandestinità di Messina Denaro già a partire dalla metà degli anni 90. Cugina del geometra Andrea Bonafede che ha prestato l’identità al boss, cugina del dipendente comunale, anche lui di nome Andrea Bonafede, che ha provveduto a fargli avere le ricette mediche necessarie alle terapie da affrontare per le cure del cancro, e di Emanuele Bonafede, uno dei vivandieri del padrino arrestato insieme alla moglie, la maestra è sposata con il mafioso ergastolano Salvatore Gentile, in cella per aver commesso due efferati omicidi su ordine proprio di Messina Denaro. La procura aveva chiesto l’arresto anche della figlia della Bonafede, ma il gip ha respinto l’istanza.

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