Corruzione al Parco di Selinunte

Appalti pubblici concessi in cambio di soldi e favori: 6 misure cautelari NOMI-VIDEO

TRAPANI – Alle prime luci dell’alba i finanzieri di Trapani hanno dato esecuzione a 6 provvedimenti cautelari per pubblici ufficiali e privati imprenditori di origine agrigentina e palermitana, tutti gravemente indiziati di aver preso parte a episodi di corruzione e abuso d’ufficio negli anni 2020 e 2021 presso il Parco archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, uno dei più straordinari siti di interesse storico, culturale e artistico del Mediterraneo, al primo posto in Europa per estensione territoriale, meta annuale di numerosi visitatori e studiosi provenienti da ogni parte del mondo.

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Le indagini condotte dalle Fiamme gialle di Castelvetrano dall’estate del 2020 hanno consentito di accertare molteplici irregolarità nella concessione di appalti pubblici da parte dell’ente archeologico, con numerosi episodi illeciti a carico dell’allora direttore del parco, due funzionari regionali e tre imprenditori privati. Nel corso delle investigazioni, durate quasi due anni ed eseguite mediante incroci di banche dati, intercettazioni telefoniche, analisi di tabulati telefonici, telecamere occulte, accertamenti bancari e, non da ultimo, attività di pedinamento, i finanzieri avvalendosi delle più sofisticate tecnologie hanno inoculato un “trojan” sul dispositivo cellulare in uso a uno degli imprenditori, legato all’ex direttore del parco.

Attivando il microfono del cellulare infetto, la Gdf è riuscita a costruire un quadro probatorio di assoluto rilievo, utile a dimostrare l’esistenza, all’epoca delle indagini, “di un patologico sistema clientelare presso il Parco archeologico selinuntino, finalizzato all’assegnazione di pubbliche commesse a un cartello d’imprese, per lo più agrigentine, riconducibili alle figure dei tre imprenditori”. In tale contesto, spiega la finanza, “si appurava che molte delle procedure di somma urgenza imbastite dall’ente venivano scientemente e artatamente organizzate ‘a tavolino’, sulla base di rapporti collusivi tra i pubblici funzionari e le private imprese”.

A fronte dell’assegnazione di pubblici lavori, gran parte dei quali attribuiti in somma urgenza e attraverso uno strumentale utilizzo del Mepa (Mercato elettronico della pubblica amministrazione), il responsabile dell’ente percepiva dalle imprese affidatarie varie utilità, tra le quali opere di ristrutturazione presso abitazioni private nella disponibilità del pubblico ufficiale e di familiari di quest’ultimo, nelle province di Palermo e Agrigento, nonché interventi di trasloco, giardinaggio e disinfestazione.

Contestata la corruzione anche al funzionario di Favara il quale, in qualità di Rup di vari appalti, facilitava l’illecita assegnazione delle commesse a favore di talune ditte, ricevendo in cambio soldi e l’assunzione lavorativa di propri familiari. Tra gli episodi illeciti maggiormente significativi, spiccano gli appalti legati ai lavori di adeguamento Covid svolti presso il Museo del Satiro danzante di Mazara del Vallo nel giugno 2020 e quelli relativi alla preparazione dell’evento di commemorazione dei coniugi Tusa, tenutosi nel dicembre dello stesso anno presso l’area archeologica selinuntina.

Queste le persone coinvolte nell’indagine: Bernardo Agrò, ex direttore dell’ente, l’imprenditore Vincenzo D’Angelo, due funzionari in servizio al parco, Antonio Ferraro Mortellaro, responsabile unico del procedimento, e Tommaso Sciara e gli imprenditori Vito D’Anna e Nicolò Castro.

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