Valvo aspetta col motore acceso: telecamera racconta delitto di Riposto

Resta in carcere il 55enne: per il giudice è complice di La Motta 

CATANIA – Resta in carcere per concorso in omicidio Luciano Valvo, il 55enne accusato di complicità in uno dei due femminicidi di Riposto dell’11 febbraio scorso. Lo ha deciso il gip di Catania, Luca Lorenzetti, che ha convalidato il fermo eseguito dai carabinieri e, accogliendo la richiesta della Procura, ha emesso nei confronti dell’indagato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Il legale di Valvo, l’avvocato Enzo Iofrida, ha annunciato ricorso al Tribunale del riesame. Secondo l’accusa il 55enne, che continua a proclamarsi innocente, con la sua Volkswagen Golf nera avrebbe accompagnato Salvatore La Motta, l’ergastolano di 63 anni che poi si è suicidato, sul luogo del delitto di Melina Marino, nel lungomare della città ionica. Nessun ruolo gli viene invece contestato sul secondo femminicidio: quello di Santa Castorina, 50 anni, uccisa con due colpi di pistola al volto appena scesa dalla sua auto, una Fiat Panda, nella centrale via Roma. 

Nel provvedimento il gip riporta la ricostruzione del delitto fatta dalla Procura dopo avere visto il video ripreso da un sistema di sorveglianza del lungomare di Riposto. Si vede la Volkswagen Golf che si ferma pochi metri dietro l’auto della Marino. Poi La Motta scende e si dirige verso la Suzuki Ignis, entra nell’abitacolo dallo sportello posteriore destro. La Golf resta con il motore acceso, attende alcuni secondi e poi, prima ancora che La Motta scenda, fa una piccola retromarcia e torna in avanti “per essere pronta – è la tesi dell’accusa sposata dal gip – a fare salire La Motta e ripartire senza dover fare altre manovre e così allontanarsi in pochi attimi”.

Nel provvedimento il gip Lorenzetti scrive che da “questa seconda condotta” emergere “la consapevolezza di Valvo che ciò che doveva fare La Motta sarebbe durato pochi secondi, tanto da non dovere neppure spegnere il motore dell’autovettura”. Ma non solo, scrive il giudice, Valvo dopo il delitto, “riparte subito come se nulla di grave o inaspettato fosse successo”. “Mentre, come esattamente osservato dal pubblico ministero – osserva il gip – qualora Valvo non fosse stato a conoscenza degli intenti del La Motta avrebbe verosimilmente tenuto una condotta diversa, magari uscendo dalla sua auto, dopo aver sentito l’esplosione di un colpo di arma da fuoco, per verificare cosa fosse successo, oppure aspettando il rientro del La Motta per chiedergli cosa fosse successo, ovvero, ancora, scappando dal posto per paura senza aspettare La Motta e chiamando i soccorsi e le forze dell’ordine”.

Sulla Volkswagen di Valvo, spiega il giudice, “era installato un dispositivo di rilevazione gps formalmente autorizzato dall’autorità giudiziaria in un altro procedimento penale, che ha consentito, successivamente, di ricostruire il percorso fatto da quell’auto”. Questo ha permesso ai carabinieri di tracciare il percorso di quel giorno: la macchina si posta per la prima volta alle 6.51 da casa di Valvo per arrivare alle 7.31 a quella di La Motta.

Dal rapporto del gps si rileva che la Golf alle 8.30 fa una breve sosta nella via dove risiedeva Santa Castorina e quattro minuti dopo fa lo stesso nella strada in cui abitava Carmelina Marino. Alle 8.38 il gps colloca l’auto in via Duca del Mare, luogo dell’omicidio della 48enne, dove sosta per pochi secondi e poi riprende la marcia. La Golf si ferma alle 9.02 nelle immediate vicinanze dell’abitazione di Valvo, dove viene poi trovata dai carabinieri. 

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