Arrestato l’alter ego di Messina Denaro

Il gip: "La difesa di Bonafede è inverosimile"

I carabinieri del Ros hanno arrestato con l’accusa di associazione mafiosa Andrea Bonafede, geometra di Campobello di Mazara che avrebbe prestato l’identità al boss Matteo Messina Denaro. “Si è in presenza in sostanza – dice il giudice -, sia pure in termini di gravità indiziaria, di un’affiliazione verosimilmente riservata di Bonafede per volontà del Messina Denaro. Ha un’estrazione familiare compatibile con il ruolo di partecipe dell’associazione mafiosa (e che, allo stesso tempo, spiega perché Messina Denaro Matteo si sia potuto a lui rivolgere), dal momento che è nipote (figlio del fratello) del noto Leonardo Bonafede, già ‘reggente’ proprio della ‘famiglia’ mafiosa di Campobello di Mazara che ha protetto, quanto meno negli ultimi anni, la latitanza dello stesso boss consentendogli di svolgere appieno il ruolo di capo indiscusso della consorteria di Cosa nostra nella provincia di Trapani”.

Bonafede avrebbe cercato di minimizzare il suo ruolo sostenendo di aver visto il boss Matteo Messina Denaro due volte e solo di recente. Mezze ammissioni, molte bugie, secondo il gip Alfredo Montalto che nella misura cautelare scrive: “Messina Denaro ebbe a usare l’identità fornitagli da Bonafede (se non dal mese di luglio 2020 quando ebbe ad acquistare, a nome della madre ultraottantenne, un’auto vettura verosimilmente utilizzata dal Messina Denaro, come si ricava dalla circostanza che la stessa autovettura è stata successivamente data in permuta per l’acquisto di altra autovettura in questo caso sicuramente utilizzata dal Messina Denaro, che, infatti, era in possesso delle relative chiavi) certamente già in occasione del primo intervento chirurgico subito il 13 novembre 2020”.

Risulta smentito, dunque, quanto raccontato dal geometra che ha riferito agli inquirenti di avere incontrato l’ex latitante solo nel 2022. “Non è, inoltre, di certo minimamente credibile – prosegue il gip – che il latitante notoriamente più pericoloso e più ricercato d’Italia, che pure, come dimostrato dalle innumerevoli indagini di questi anni finalizzate alla sua cattura ha potuto sempre disporre di un’attentissima e ampia cerchia di soggetti che gli hanno consentito di proseguire la sua latitanza e nel contempo le sua attività di direzione dell’associazione mafiosa cosa nostra quanto meno nell’intera provincia di Trapani, si sia a un certo momento affidato a un soggetto occasionalmente incontrato, non affiliato e che non vedeva da moltissimi anni, per coprire la sua identità, soprattutto nel momento in cui aveva necessità di entrare in contatto con strutture pubbliche sanitarie (con conseguente elevato rischio di essere individuato come in effetti è poi avvenuto il 16 gennaio 2023), oltre che per acquistare l’immobile ove per un periodo di almeno sei mesi e fino all’arresto ha poi dimorato”.

“L’esperienza dell’arresto di tutti i più importanti latitanti di Cosa nostra – spiega il giudice – peraltro, insegna che i soggetti di vertice di tale organizzazione, per evidenti ragioni di sicurezza personale, tendono a escludere dalla conoscenza del covo ove da latitanti si rifugiano persino la gran parte degli associati mafiosi, limitando, piuttosto, tale conoscenza ad una cerchia più ristretta e più fedele di coassociati”.

Oltre a consegnare all’ex latitante la sua carta di identità per consentirgli di ottenere un falso documento e a dargli la tessera sanitaria necessaria per le terapie e le visite mediche alle quali il boss doveva sottoporsi, Bonafede ha acquistato – per sua stessa ammissione – la casa di Campobello di Mazara in cui Messina Denaro ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza, gli ha dato il bancomat permettendogli di fare delle spese, gli ha fatto comprare la Giulietta sulla quale viaggiava. 

Prosegue intanto a Campobello la caccia a possibili bunker segreti del capomafia, che aveva scelto il paese trapanese come suo rifugio da almeno tre anni. I carabinieri, attraverso l’utilizzo di georadar, stanno scandagliando diverse abitazioni, tra le quali quelle di Antonio Luppino, figlio di Giovanni, l’insospettabile che lunedì scorso ha accompagnato in auto il Messina Denaro alla clinica. In un’area all’aperto adibita a parcheggio di proprietà di Luppino era nascosta la Giulietta usata dal capomafia per i suoi spostamenti e ritrovata dalla polizia. Il figlio dell’autista del boss, già sentito dagli inquirenti, non sarebbe indagato.

“Mio padre ha già fornito la sua versione durante l’interrogatorio e io credo a quanto ha detto”, afferma Vincenzo Luppino, fratello di Antonio. “Io non conosco Matteo Messina Denaro e non l’ho mai incontrato; noi siamo una famiglia di lavoratori che si spaccano la schiena ogni giorno a lavorare”. I Luppino gestisce un centro di ammasso e commercializzazione di olive da mensa proprio a Campobello di Mazara, e fanno da intermediari con i grossisti del Napoletano che poi comprano le partite di olive.

E’ stato interrogato dagli inquirenti anche il titolare della concessionaria di Palermo dalla quale Messina Denaro, un anno fa, comprò la Giulietta. Il commerciante, viste le foto del capomafia sui media e riconosciuto il volto dell’acquirente, ha confermato che la macchina fu acquistata personalmente dal padrino. Il veicolo, del quale sono stati trovati i documenti nell’ultima casa di Messina Denaro a Campobello di Mazara, era intestato alla madre di Bonafede, una disabile di 87 anni. “La macchina è stata acquistata con metodi tracciati, come previsto dalla legge”, ha detto alla Rai il proprietario della concessionaria. E sempre alla madre del geometra era intestata la Fiat 500 data in permuta per la Giulietta.

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