Regionali, l’esclusione finisce in Procura

Palermo. Cga boccia ricorso di Maggiore, ma chiede ulteriore indagine su candidatura

PALERMO – Ha uno strascico penale l’esclusione della lista Italia sovrana e popolare. I giudici del Consiglio di giustizia amministrativa, respingendo l’appello presentato da Fabio Maggiore, uno dei 7 candidati alla presidenza della Regione siciliana, hanno spedito gli atti alla Procura di Palermo. I giudici amministrativi d’appello, oltre a confermare la decisione dei giudici del Tar di Palermo e l’esclusione della lista per vizi di forma, confermando l’irregolarità nell’autentica del mandato alla presentazione della lista “in quanto la relativa sottoscrizione era autenticata da un avvocato e non corrispondeva a quanto richiesto”, hanno chiesto un ulteriore indagine su quanto avvenuto.

Tutto ruota a due note presentate il 28 agosto, due atti provenienti dallo stesso ufficio uno conforme a quanto prevede la norma regionale in materia elettorale e uno no. “La diversa modalità di redazione dei due atti – si legge nella sentenza – formalmente provenienti dallo stesso ufficio e nel medesimo giorno, una conforme al modello normativo e l’altra manifestamente difforme, costituisce ulteriore elemento che fa dubitare non solo della veridicità del contenuto della nota esibita dalla parte, ma anche della sua autenticità. In conclusione, la nota del 28 agosto, non risponde al paradigma normativo e perciò solo non può essere considerata atto pubblico avente fede privilegiata. È un atto affetto da gravi irregolarità, che non sono tollerabili in materia elettorale, e, dovendosi a ragione dubitare della sua autenticità, il collegio, quale pubblico ufficiale, si vede obbligato a disporne la trasmissione alla procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo per gli accertamenti del caso”.

E aggiungono i giudici: “Si deve in conclusione ritenere non provata la circostanza dedotta che l’Ufficio elettorale abbia smarrito il mandato alla presentazione di lista recante firma autenticata da notaio, e si deve invece ritenere che vi siano indizi gravi, precisi e concordanti che tale mandato sia inesistente, e che non sia stato rinvenuto in quanto inesistente e non in quanto smarrito. In aggiunta agli elementi indiziari già menzionati, ne soccorrono altri due: non è verosimile che la parte non abbia fatto una fotocopia di tale mandato, per poterla esibire al bisogno; dato che la nota 28.8.2022 menziona una serie di documenti depositati e non solo il mandato, e non consta che ci siano stati “smarrimenti” degli altri documenti, non è verosimile che solo il documento qui rilevante sia stato smarrito. A ogni buon fine, dato che il presente giudizio non consente attività istruttoria d’ufficio, che invece è consentita al pubblico ministero presso il tribunale penale, il risultato qui raggiunto che lo smarrimento non è provato, basato solo su elementi indiziari, potrebbe essere ribaltato da una più approfondita indagine penale. Ove provato, lo smarrimento, se doloso, potrebbe integrare gli estremi di illecito penale. Anche sotto tale profilo il collegio, quale pubblico ufficiale, trasmette gli atti alla Procura di Palermo”.

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