Ora Mosca accusa il figlio di Biden

"Gestirebbe laboratori per lo sviluppo di armi biologiche in Ucraina"

Mosca alza il tiro e dopo aver smentito ogni ipotesi di minaccia nucleare e di utilizzo di bombe al fosforo in Ucraina, punta il dito contro il figlio del presidente Usa Joe Biden. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov afferma, infatti, che Hunter Biden potrebbe essere “coinvolto nella gestione di laboratori per lo sviluppo di armi biologiche in Ucraina”.

“Naturalmente – dichiara – chiederemo delle spiegazioni sul suo possibile coinvolgimento. E non solo noi. Come sapete – incalza rispondendo ai cronisti durante il briefing quotidiano – la Cina ha già chiesto chiarimenti”. Il nome di Hunter Biden, al momento, risulta inserito nella lista delle personalità americane prese di mira dalle contro-sanzioni russe. Ma Peskov se la prende anche con il capo della Casa Bianca accusandolo di voler “distogliere l’attenzione” dal programma chimico e biologico che gli Stati Uniti starebbero portando avanti in Ucraina.

Intanto, secondo Sky News, i soldati russi starebbero ricevendo dai loro superiori l’indicazione che la guerra debba finire entro il 9 maggio, data in cui si celebra la ‘giornata della vittoria’ e la capitolazione della Germania nazista. Sul fronte internazionale, è da registrare un incontro di quasi tre ore tra il ministro indiano degli Esteri, Subrahmanyam Jaishankar e il suo omologo cinese Wang Yi al termine del quale i due fanno sapere di volere “un cessate il fuoco immediato in Ucraina”. Una richiesta che, si apprende, era già stata espressa dal leader cinese Xi Jinping al premier britannico Boris Johnson in un colloquio telefonico. La comunità internazionale, avrebbe detto Xi, “dovrebbe davvero incoraggiare la pace e promuovere i colloqui, creare le condizioni per una soluzione politica della questione e spingere per un rapido ritorno alla pace in Ucraina”.

E “la Cina è disposta a continuare a svolgere un ruolo costruttivo in tal senso”. Pechino dichiara, infatti, con forza di essere contraria alle sanzioni, anche a quelle decise contro la Corea del Nord dopo il test del super-missile che potrebbe in teoria arrivare fino negli States, perché certamente “non facilitano il dialogo”.

Sanzioni che, per ora, gli Usa non vorrebbero prevedere, invece, per la Cina. “Non penso che siano necessarie o appropriate ora sanzioni alla Cina”, afferma il segretario al Tesoro americano, Janet Yellen, rispondendo a chi le chiede se ritenga possibili e necessarie sanzioni a Pechino in quanto “partner della Russia”.

Intanto la guerra continua e l’Onu denuncia che, dall’inizio del conflitto, le vittime civili hanno superato “quota 1.035”. La responsabile della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina, Matilda Bogner parla di “fosse comuni a Mariupol, inclusa una che conterrebbe 200 corpi”. Mentre la Chiesa russa ortodossa dichiara che “un cappellano militare russo” sarebbe stato “ucciso da un attacco missilistico ucraino nel sud-ovest della Russia vicino al confine con l’Ucraina”. Oleg Artyomov si trovava nel villaggio di Zhuravlyovka nella regione russa di Belgorod quando è finito “sotto un bombardamento da un lanciarazzi ucraino Smerch ed è morto”. Si tratterebbe del primo decesso in territorio russo causato dal fuoco ucraino reso pubblico da quando è iniziata l’offensiva russa in Ucraina.

E sempre da parte russa si fa sapere che il 7 e l’8 aprile riprenderanno i collegamenti aerei con Israele, Egitto e Turchia. Voli che “saranno gestiti dalla compagnia Rossija, controllata da Aeroflot”. A marzo, si ricorda che “erano già ripresi quelli verso Kirghizistan, Armenia e Azerbaigian”. Sul fronte delle sanzioni, invece, Tiffany & Co comunica che “non comprerà nuovi diamanti estratti in Russia”, mentre il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, entrando al vertice europeo di oggi, chiede “sanzioni di più ampia portata” contro la Russia. Secondo Bloomberg, le raffinerie russe avrebbero “ridotto al minimo le loro attività, tra cui Rosneft Tuapse”, che avrebbe “smesso di ritirare le consegne di greggio”. La raffineria Mariisky avrebbe “interrotto perché non può trasportare i prodotti petroliferi su rotaia”. Delle “17 attività presenti nel Paese, 9 sono dovute a inattività e 8 a manutenzione”.

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