Celebrata la XXX Giornata mondiale del malato

di Nuccio Sciacca. Fu istituita nel 1992 da San Giovanni Paolo già affetto da Parkinson

Tra il 1991 e il 1992 molte persone avevano notato quel tremito che scuoteva la mano di Giovanni Paolo II, ma nessuno aveva dato troppo peso alla cosa. Poi, a maggio del 1994, un giornale spagnolo pubblicò un articolo in cui si diceva che quel tremore del Papa fosse dovuto al morbo di Parkinson. Non ci fu mai, finché Wojtyla fu vivo, una ‘ammissione’ ufficiale che avesse il Parkinson, anche se comunque con il passare degli anni se ne parlava e scriveva sempre più apertamente. Di fatto non arrivarono più smentite. Fino a quando, cinque anni dopo la morte di Giovanni Paolo II, il suo medico personale Renato Buzzonetti non rivelò qualcosa. Sta di fatto che appare adesso un po’ meno ‘misterioso’ il perché Wojtyla avesse voluto, fissandola l’11 febbraio, festa della Beata Vergine di Lourdes, la Giornata mondiale del malato, istituita nel 1992. Ossia un anno dopo la prima manifestazione del Parkinson.

Una giornata con «lo scopo manifesto di sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza». Anche il mondo della sanità siciliano ha celebrato la giornata e al Cannizzaro di Catania, monsignor Salvatore Gristina, amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Catania, ha presieduto la santa messa, alla presenza dell’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, dei vertici delle aziende ospedaliere e sanitaria cittadine, nonché di primari, operatori, volontari e ammalati. «Sono stato ricoverato in questo ospedale e ho vissuto un’esperienza di amore, di servizio e di competenza – ha detto Gristina – le aziende sanitarie sono realtà complesse, nessuno è infallibile come può esserlo il Signore ma ognuno fa del suo meglio per il bene dell’altro».

«In questi due anni di pandemia – ha aggiunto Razza – abbiamo potuto capire di più del rapporto con la malattia e, nel mio cammino da assessore, ho potuto constatare quanto forte sia il senso della professione e lo spirito di umanità, anche davanti a circostanze enormi per le quali non bastano le risorse». Sono intervenuti anche monsignor Mario Torracca, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute e cappellano del Cannizzaro e Salvatore Giuffrida, direttore generale dell’Azienda Cannizzaro.

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