Amministrazione giudiziaria per 9 società dell’ex deputato regionale Raffaele Nicotra

Volume di affari di oltre 30 milioni di euro. L'ex sindaco di Aci Catena è ai domiciliari per tentata estorsione e concorso esterno alla mafia VIDEO

Su richiesta della procura, il Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione ha emesso un decreto di amministrazione giudiziaria, per la durata di un anno, per nove società, direttamente o indirettamente (poiché intestate a strettissimi congiunti) riconducibili a Giuseppe Raffaele Nicotra, 64 anni, di Aci Catena, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari.
Si tratta di società che operano nel settore del commercio al dettaglio e all’ingrosso di prodotti alimentari, della gestione ed elaborazione di dati contabili amministrativi e commerciali e della compravendita di immobili, con volume complessivo d’affari, ad oggi, di oltre 30 milioni euro.

Il provvedimento in questione è stato notificato dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania e mira a bonificare ed impermeabilizzare il complesso delle strutture imprenditoriali facenti capo a vario titolo a Nicotra, la cui gestione è fortemente sospettata di essere stata orientata al fine di agevolare la famiglia di Cosa Nostra etnea Santapaola – Ercolano, di cui già pregresse attività investigative e le conseguenti vicende giudiziarie avevano certificato la particolare vicinanza di Nicotra, in particolare al gruppo di Aci Catena.
Due volte sindaco di Aci Catena e quattro volte deputato all’Ars cambiando diversi partiti (Nuovo Psi, Mpa, Pdl, Udc, Articolo 4 e Pd), Nicotra è un noto imprenditore del Catanese a capo di una catena di supermercati. Arrestato nell’ottobre del 2018 nell’operazione “Aquilia”, l’8 maggio 2020 è stato condannato col rito abbreviato, dal Gup Anna Maria Cristaldi, a sette anni e quattro mesi di carcerazione per tentata estorsione e concorso esterno alla mafia e assolto dal reato di corruzione elettorale come chiesto dalla Procura.
Il primo provvedimento nei confronti di Nicotra risale alla primavera del 1993 quando il prefetto di Catania lo rimosse dalla carica di sindaco di Aci Catena, Comune poco dopo sciolto per infiltrazioni mafiose. In quel caso l’allora primo cittadino aveva chiesto ai carabinieri di Acireale di rimovere il divieto di esequie pubbliche per il funerale del cognato di Sebastiano Sciuto, boss del clan Santapaola, ucciso durante un assalto a una gioielleria.
Per la Dda di Catania le intercettazione dell’operazione ‘Aquilia’ e le dichiarazioni di collaboratori di giustizia dei clan Santapaola e Laudani avrebbero “ulteriormente cristallizzato la stretta contiguità del Nicotra con gli elementi apicali dell’associazione mafiosa, con particolare riferimento anche al reperimento di consensi elettorali a suo favore nel corso delle competizioni all’Ars e che, poi, di fatto, ne hanno determinato l’elezione a deputato regionale, carica da lui rivestita sino al dicembre 2017”. La richiesta di l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria si basano su un’indagine economico-finanziaria della sezione Misure di prevenzione del Nucleo investigativo dei carabinieri di Catania che “hanno svelato in maniera evidente come il Nicotra, anche grazie alla sua attività imprenditoriale (iniziata nel 1983 ed incrementatasi sino al raggiungimento dell’attuale consistenza), nel corso degli anni, abbia ampiamente agevolato l’attività di soggetti facenti di Cosa nostra etnea”.
L’impreditore avrebbe “sollecitato, direttamente o indirettamente, dal 2005 al 2012, i vertici dei Santapaola a reperire voti per sé o per soggetti da lui individuati”, “pagato stabilmente gli ‘stipendi’ degli affiliati detenuti”, “impiegato, nelle proprie attività commerciali o in quelle da lui influenzabili, anche in considerazione del ruolo politico ricoperto, numerosi familiari di appartenenti al clan” e avrebbe “riciclato, di fatto, denaro ‘sporco’ attraverso la sua attività imprenditoriale”.

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