Adesso si ruba il reddito di cittadinanza

Episodio emblematico a Grammichele: due in manette. Il procuratore: "Non è un caso isolato"

CATANIA – A Grammichele i carabinieri hanno arrestato i fratelli Antonino e Rosario Amoroso, rispettivamente di 34 e 29 anni, accusati di estorsione aggravata.
I due avevano preso di mira un “amico” che diverse volte li aveva aiutati economicamente quando erano in difficoltà. I due, venuti a conoscenza che l’amico fosse percettore del reddito di cittadinanza, hanno alzato il tiro pretendendo sempre più denaro (50, 90, 100 150 euro), fino addirittura a minacciarlo di morte: “Ti facciamo saltare la testa” sono arrivati a dirgli.
Ma il colmo si è raggiunto nei giorni scorsi quando, in modo sfrontato, si sono presentati in casa del poveretto per intimargli di consegnare l’intero importo del Reddito di cittadinanza, circa 700 euro. Al rifiuto espresso legittimamente dall’uomo, uno dei due fratelli lo ha colpito con uno schiaffo al volto e un pugno alla nuca, riferendogli di preparare il denaro perché sarebbero tornati per riscuotere.
Sentendosi letteralmente braccato e giunto ormai a un punto di non ritorno, la vittima ha chiesto aiuto ai carabinieri. I militari hanno atteso pazientemente che gli estorsori si presentassero per riscuotere il pizzo che, telefonicamente era stato pattuito in un anticipo di 50 euro, la sola somma che il quel momento la vittima poteva consegnare.
I malviventi, estremamente contrariati, non sapendo di esser ascoltati in diretta dai carabinieri nascosti nell’abitazione hanno imposto un ultimatum alla vittima: “Subito o al massimo entro le 18 ci dai 300 euro, gli altri 350 euro entro il fine settimana, al massimo per fine mese, altrimenti le cose finiscono male. In caso contrario abbiamo chiamato uno di Vittoria (Ragusa), quella è gente che non scherza…”.
Usciti da casa del loro “amico” i due sono stati bloccati e perquisiti e nella tasca di uno di loro è stata trovata la banconota precedentemente segnata dai carabinieri. Gli arrestati, assolte le formalità di rito, sono stati associati nelle carceri di Caltagirone (Ct) e Gela (Ct), così come disposto dal magistrato della Procura calatina. Il procuratore Giuseppe Verzera ha voluto cogliere l’occasione per lanciare un appello alla cittadinaza: “Denunciate perché questo non resti un caso isolato, ma sia seguito dalle tante vittime di questo triste fenomeno”.

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