Rivolta a Piazza Lanza: buttate giù le porte

Notte di protesta nel carcere catanese per le restrizioni imposte dall'emergenza Covid 19: VIDEO

CATANIA – Protesta la notte scorsa nel carcere di piazza Lanza a Catania: circa 80 detenuti hanno urlato, fatto rumore e appiccato il fuoco a lenzuola, con le fiamme che si vedevano dall’esterno di una finestra del secondo piano della struttura.
La contestazione, legata alle restrizioni imposte per il contenimento del Covid-19, è durata alcune ore. “Intorno alle 22.30 – ricostruisce Armando Algozzino, commissario nazionale della Uil Pubblica amministrazione polizia penitenziaria – i ristretti hanno scardinato le porte delle celle, al primo e al secondo piano della sezione Simeto. Sono anche usciti e hanno provocato alcuni danni alla struttura, in particolare ai blindati delle celle, ma il peggio è stato scongiurato dalla fermezza dell’intervento del comandante Francesco Salemi che, insieme gli agenti disponibili, ha persuaso i detenuti ad abbandonare ogni tentativo di sommossa”.
“Ci sono volute delle ore – precisa il sindacalista – per placare la rivolta: solo verso le 2.30 del mattino i detenuti hanno smesso di protestare violentemente. I detenuti hanno inoltre utilizzato skype e chiamato i familiari fino a tarda sera: anche in questo caso, la Polizia Penitenziaria ha fronteggiato con ogni mezzo le esigenze subentrate a seguito del Coronavirus”.
“La casa circondariale – precisa l’esponente sindacale – ha 325 detenuti e ci sono 231 agenti in servizio a fronte di un organico previsto di 347 unità”.

Sulla vicenda è intervenuto il comitato Reddito-casa-lavoro che afferma di avere registrato il grido d’allarme lanciato da un detenuto “non siamo animali, abbiamo bisogno di cure, stiamo morendo…”.
“Il rischio di contagio nelle carceri – aggiunge il comitato – in questo momento è altissimo per via del sovraffollamento e condizioni igienico-sanitarie precarie. Il governo non può continuare a minimizzare, le conseguenze potrebbero essere irreversibili”.
“La salute e la sicurezza devono venire prima di tutto, nei penitenziari così come all’esterno delle carceri. Il governo – chiosa la nota – deve redigere subito un decreto di amnistia o trasformare in domiciliari le pene di reati minori”.

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