“Rapporti intimi non sono un dovere coniugale”

La Corte europea accoglie il ricorso di una 69enne francese

STRASBURGO – I rapporti intimi tra moglie e marito non possono essere visti come un obbligo coniugale. In una sentenza pronunciata contro la Francia, destinata a diventare un punto fermo nella lotta alla violenza domestica, la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha stabilito che in caso di divorzio nessuna donna può essere considerata “in torto” dai tribunali per aver rifiutato rapporti intimi. La motivazione dei giudici di Strasburgo è netta: imporre il sesso come dovere coniugale “è in contrasto con la libertà sessuale, il diritto all’autonomia corporea e l’obbligo degli Stati di prevenire la violenza domestica e sessuale”.

A fare ricorso alla Cedu era stata una 69enne francese che, dopo ventotto anni di matrimonio e quattro figli, nel 2012 aveva chiesto il divorzio dal marito, sostenendo che l’uomo aveva dato priorità alla carriera a scapito della vita familiare ed era stato irascibile, violento e offensivo. Accuse a cui lui si era opposto chiedendo a sua volta di attribuire a lei la colpa, poiché si era sottratta ai suoi doveri coniugali smettendo di avere rapporti sessuali. In primo grado i giudici hanno scelto una posizione neutrale: hanno ritenuto che i problemi di salute della donna, causati da un incidente nel 2005 e da un’ernia, fossero una motivazione valida per giustificare l’assenza di rapporti intimi nella coppia. Di conseguenza, ha stabilito che non vi fossero basi per attribuire la colpa del divorzio a nessuno dei due coniugi.

La battaglia legale è tuttavia proseguita: la donna ha presentato appello, vedendosi però in secondo grado attribuire la colpa esclusiva del fallimento del matrimonio costringendola a pagare. Tra le motivazioni spicca una frase che fa discutere: “I dati medici non possono giustificare il continuo rifiuto di rapporti intimi col marito”. Una posizione confermata anche in Cassazione nel 2020. A quel punto gli avvocati della donna, sostenuti anche dal Collettivo femminista contro gli stupri (Cfcv), hanno portato il caso a Strasburgo invocando l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani che tutela il rispetto della vita privata e familiare.

La Cedu le ha infine dato ragione su tutta la linea. “Il consenso al matrimonio non può implicare quello a rapporti sessuali futuri. Pensare il contrario significherebbe negare la natura riprovevole dello stupro coniugale”, hanno evidenziato i togati di Strasburgo. Il messaggio è inequivocabile: il consenso deve essere libero, consapevole e legato al momento specifico e alle circostanze, non qualcosa di dato per scontato. Una sentenza netta nei confronti delle autorità pubbliche francesi: la Corte ha affermato di non riuscire “a individuare alcuna ragione per giustificare l’ingerenza nella sfera della sessualità”.

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