Filippo Mosca resta in carcere

Respinta la richiesta dei domiciliari per il nisseno accusato di traffico internazionale di droga

Filippo Mosca resterà rinchiuso nel carcere di Porta Alba, a Costanza, in Romania. Per il giovane ventinovenne di Caltanissetta, recluso ormai da 10 mesi nel carcere di Porta Alba, a Costanza, in Romania, dopo una condanna in primo grado a 8 anni e 3 mesi per traffico internazionale di sostanze stupefacenti, i giudici romeni hanno confermato le misure cautelari. Lo riferisce la madre Ornella Matraxia. Stessa sorte per l’amico Luca Cammalleri e per la ragazza italiana che si era fatta recapitare il pacco nell’albergo di Filippo Mosca, al cui interno, invece che cosmetici, la polizia ha trovato 150 grammi di droga.

“Non mi aspetto più nulla dal giudizio della sentenza di appello e non mi pare che le intenzioni dei giudici siano le migliori. Sono giudici vergognosi”, dice Ornella Matraxia, madre di Filippo Mosca. “Non credo che la politica italiana – aggiunge la madre del detenuto – abbia svolto un ruolo fondamentale in questa storia che ci ha fatto entrare nel tunnel più buio ormai da 11 lunghi mesi. L’ambasciata è stata presente ma ci dicono sempre che non possono entrare nel merito e nelle decisioni del sistema giudiziario romeno. Siamo disperati”.

“Luca ha perso il sorriso, ogni volta che lo vado a trovare lo vedo ingrassato, con lo sguardo perso nel vuoto e l’unica cosa che lo tiene in vita sono le nostre telefonate”, dice Pietro Cammalleri, il fratello di Luca, amico di Filippo Mosca, anche lui in carcere a Porta Alba, a Costanza, in Romania da quasi 11 mesi insieme a un’altra ragazza italiana. “Luca è sempre stato un ragazzo solare – aggiunge il fratello – un ragazzo che ha girato l’Europa, ha compiuto 30 anni a giugno chiuso in cella. Al telefono mi ripete che è stanco, che sta male e noi soffriamo con lui per questa situazione assurda”.

“Si rende conto che non ci sono speranze di tornare a casa, l’unica cosa che desideriamo per Luca e per i ragazzi”. Pietro Cammalleri lavorava come informatore medico-scientifico a Cremona, ma appena è scoppiato il caso del fratello ha chiesto alla sua azienda di essere trasferito a Caltanissetta per stare vicino alla madre. “Non fa nulla tutto il giorno – spiega Pietro – l’unico svago è la tv che ovviamente è in romeno, in quel carcere non si fa alcuna attività culturale, sportiva, lavorativa. Questa è violenza psicologica, è una vita terribile. Noi soffriamo insieme con Luca”, conclude.

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