Decapitato il gruppo di Picanello: 15 arrestati

Usura, droga e riciclaggio: colpo al clan catanese Santapaola-Ercolano NOMI-VIDEO

CATANIA – Operazione antimafia della guardia di finanza, denominata Oleandro, nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine. Gli indagati complessivamente sono 26. Oltre 120 finanzieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del capoluogo etneo su richiesta della Dda nei confronti di 15 indagati appartenenti alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, usura, traffico e spaccio di stupefacenti e riciclaggio di denaro. Sequestrate società, beni mobili e immobili e disponibilità finanziarie per oltre 12 milioni di euro.

GLI ARRESTATI: Antonino Alecci (detto “Nino”), 62 anni; Andrea Caruso, 43 anni; Nunzio Comis, 41 anni; Giuseppe Conti, 37 anni; Michele Agatino Cuffari, 33 anni; Alessandro De Luca, inteso “AIe”, 49 anni; Giuseppe Gambadoro, 41 anni; Fabrizio Giovanni Papa, 58 anni; Giuseppe Russo (detto “il giornalista” o “l’elegante”), 48 anni; Carmelo Salemi (detto “Melo” o “u ciuraru”), 55 anni; Biagio Santonocito, 33 anni; Corrado Santonocito, 61 anni; Alfio Sgroi, 54 anni; Salvatore Alberto Tropea, 34 anni. Ai domiciliari Lorenzo Antonio Panebianco, 24 anni.

SOCIETÀ SOTTOPOSTE A SEQUESTRO:
1) KARMA IMMOBILIARE S.R.L. con sede a Catania, via Galati 124;
2) FABRI IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale a Catania, via Faraci 15;
3) P.F. COSTRUZIONI SOC. COOP., con sede legale a Catania, via Faraci 15;
4) P.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede legale a Catania, viale Lorenzo Bolano 45;
5) B.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede in Catania a viale Lorenzo Bolano 45;
6) NUOVA EDILIZIA S.R.L., con sede legale a Catania, via De Caro 88;
7) V.R.S. IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale a Catania, via Galatioto 105/A;
8) IMMOBILIARE SANTA LUCIA S.R.L., con sede legale a Catania, via F. De Amicis 4;
9) AL GARDEN SALEMI S.R.L.S., con sede legale a Catania, via del Rotolo 11.

Le indagini hanno preso avvio in seguito ad alcuni elementi emersi nel corso di un’altra operazione delle Fiamme Gialle denominata “Tuppetturu”. Durante un’intercettazione, infatti, alcuni esponenti del clan Cappello e Cintorino discutevano delle dinamiche tra i nuovi referenti del “gruppo di Picanello”, storica branca del clan Santapaola-Ercolano. Sarebbe emersa la figura di spicco di Carmelo Salemi, noto come “u ciuraru”, titolare di una rivendita di piante e fiori a Picanello. Sarebbe stato lui a riorganizzare il gruppo mafioso falcidiato nel tempo da numerosi arresti. Arrestato nel 2020, l’attenzione si è rivolta ai suoi possibili successori e in particolare a Giuseppe Russo, detto “il giornalista” o l'”elegante”, che avrebbe assunto la reggenza del clan.

Per gli incontri con i sodali, Salemi e Russo si sarebbero serviti di una stalla a Picanello intestata a un familiare di Alfio Sgroi, braccio destro di Salemi. Del “gruppo di Picanello” avrebbero fatto parte anche Antonino Alecci, Andrea Caruso, Giuseppe Gambadoro, Fabrizio Giovanni Papa e Alfio Sgroi, ciascuno con ruoli ben definiti. In particolare, Alecci avrebbe rivestito una funzione primaria all’interno del clan, in quanto ritenuto uomo di fiducia del boss storico Giovanni Comis, reggente del gruppo di Picanello dal 2013 al gennaio 2017, quando è stato arrestato nell’ambito di un’altra indagine. Sarebbe stato inoltre il gestore di attività di gioco d’azzardo illegale nella zona di Picanello, i cui introiti sarebbero stati destinati al clan, nonché incaricato della raccolta dei soldi delle estorsioni, comprese quelle perpetrate a Natale e Pasqua, pur occupandosi personalmente e principalmente del traffico di droga per conto del clan.

Caruso, Gambadoro e Sgroi si sarebbero occupati delle attività estorsive e usurarie e del traffico e spaccio di droga. Una delle attività più redditizie del sodalizio sarebbe stata infatti l’erogazione di prestiti a tassi usurari. Gli indagati avrebbero utilizzato metodi mafiosi per minacciare le vittime e garantirsi il pagamento delle rate di capitale e interessi. Sarebbe emerso un meccanismo collaudato con finanziamenti di piccoli tagli, di norma da 500 a 2.500 euro, da rimborsare in rate settimanali o mensili con un tasso di interesse oscillante tra il 140% e il 350% su base annua.

Uno dei protagonisti di queste attività sarebbe stato Nunzio Comis, figlio del boss Giovanni, che avrebbe utilizzato un telefono aziendale intestato fittiziamente a un’altra persona, facendosi chiamare “Melo” durante le conversazioni per evitare di essere identificato. Inoltre, avrebbe fatto uso di un noto bar di Picanello come punto di incontro per la riscossione delle rate da parte degli indebitati. Gli importi sarebbero stati consegnati a Lorenzo Antonio Panebianco, all’epoca dipendente del bar.

Emersa l’esistenza di una cassa comune del sodalizio in cui far confluire i proventi delle attività illecite e da cui attingere per supportare economicamente gli affiliati detenuti o ex detenuti da poco usciti dal carcere e le relative famiglie, sostenendone pure le spese di viaggio in occasione delle trasferte per i colloqui, erogare gli stipendi, pagare gli onorari degli avvocati difensori degli affiliati, reinvestire in altre attività criminali. Vi sarebbe stata anche una contabilità – chiamata la “carta” – composta da appunti scritti recanti i creditori e debitori del sodalizio nonché i guadagni e le spese sostenute.

Il riciclaggio dei proventi illeciti sarebbe stato infine assicurato da Fabrizio Giovanni Papa, imprenditore attivo nel settore dell’edilizia, ritenuto particolarmente legato al “gruppo di Picanello” e a Carmelo Salemi, al quale avrebbe messo a disposizione le proprie società per il riciclaggio di ingenti quantità di contanti provento delle attività criminali del clan.

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