Guerra di mafia anni 90: uccidevano per punire pusher e ladri

Stangata al clan dei barcellonesi: 7 arresti NOMI-VIDEO

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) – I carabinieri del Ros, con il supporto del comando provinciale carabinieri di Messina e del 12esimo nucleo elicotteri carabinieri di Catania, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip, nei confronti di sette persone indagate di diversi omicidi aggravati dal metodo mafioso, fatti per agevolare le attività dell’associazione mafiosa del clan dei “barcellonesi” che gestiva gli affari criminali a Barcellona Pozzo di Gotto e sulla fascia tirrenica della provincia di Messina.

Il provvedimento scaturisce dalle indagini avviate nel gennaio 2023 dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale su delega della Dda su 10 tra omicidi, lupare bianche, intimidazioni e tentativi di omicidio. Secondo le indagini, gli indagati, alcuni dei quali già condannati con sentenza definitiva per essere capi e promotori del clan mafioso dei “barcellonesi”, avrebbero preso parte, in qualità di mandanti o esecutori materiali, a omicidi nell’ambito della guerra di mafia degli anni Novanta in provincia di Messina.

Le indagini si sono avvalse delle recenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Micale, appartenente al clan dei Barcellonesi, e – dicono i carabinieri – hanno permesso di accertare che gli indagati avrebbero nel complesso partecipato, con differenti ruoli, ai 10 agguati tutti eseguiti con le classiche metodologie mafiose utilizzando armi da fuoco e cogliendo di sorpresa le vittime, uccidendo 13 persone di età compresa tra 21 e 55 anni.

Durante le indagini sul clan dei barcellonesi, nella fascia tirrenica messinese, è emerso anche che diversi omicidi erano stati decretati dai vertici della cosca per “punire alcuni ragazzi che avrebbero commesso furti o spacciato sostanze stupefacenti senza aver ricevuto una preventiva autorizzazione da parte dell’associazione, comportamenti – dicono i carabinieri – che minavano l’autorità dei vertici del sodalizio”. L’inchiesta della Dda messinese riguarda gli omicidi di Angelo Ferro, nel 1993 a Milazzo, il duplice omicidio di Antonino Accetta e Giuseppe Pirri, trovati morti nel cimitero di Barcellona Pozzo di Gotto nel 1992 e uccisi il giorno precedente, l’uccisione di Carmelo Ingegneri, avvenuto nel 1992 a Barcellona Pozzo di Gotto, di Francesco Longo, ucciso nel 1992 a Barcellona Pozzo di Gotto, di Aurelio Anastasi, ucciso nel 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto, la lupara bianca di Giuseppe Italiano, l’uomo sarebbe stato sequestrato e ucciso nel febbraio 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto, e di Giuseppe Porcino, rapito e ucciso nel marzo 1993 sempre a Barcellona Pozzo di Gotto. I carabinieri e vigili del fuoco stanno cercando i resti della vittima.

Le indagini riguardano ancora le uccisioni a colpi di arma da fuoco nel 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto di Sergio Raimondi, Giuseppe Martino e Giuseppe Geraci, quest’ultimo morì nel 1994 per le ferite riportate. Per questi delitti è stato condannato all’ergastolo uno degli esecutori materiali. E ancora l’inchiesta ha alzato il velo sull’omicidio di Giuseppe Abbate, avvenuto nel 1998 a Barcellona Pozzo di Gotto, e l’uccisione di Fortunato Ficarra, nel 1998 a Santa Lucia del Mela. Per questo delitto sono stati condannati, con sentenza passata in giudicato nel 2022, cinque persone.

Le persone raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono uomini di primissimo piano nelle gerarchie mafiose che hanno governato Cosa nostra barcellonese. Si tratta di Giuseppe Gullotti, per molto tempo ritenuto al vertice del gruppo, e Salvatore “Sam” Di Salvo, designato poi come suo successore. Poi Nicola Cannone e Stefano “Stefanino” Genovese. Ai quattro l’ordine di custodia in carcere è stato notificato in carcere. Gli altri tre indagati arrestati e portati in carcere sono: il “cassiere” del gruppo mafioso barcellonese degli anni ’80 e ’90 Giuseppe Isgrò, tornato di recente in libertà dopo aver finito di scontare la sua condanna per l’operazione Gotha 4, Carmelo Mastroeni, originario di Merì, sfiorato a suo tempo dall’inchiesta Omega-Obelisco e ritenuto dalla Dda da sempre vicino a Salvatore “Sam” Di Salvo, e Vincenzo Miano.

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