“Ci hanno urlato froci e finocchi”

Il racconto di uno dei 6 amici picchiati in centro a Palermo

PALERMO – “Può succedere a chiunque. È stata un’aggressione violenta senza alcun motivo. Un modo come un altro per trascorrere la notte”. Così una delle vittime dell’aggressione omofoba a Palermo avvenuta sabato notte, in pieno centro cittadino, commenta l’episodio: sei giovani sono stati accerchiati e picchiati da un branco di bulli a pochi passi dal Teatro Massimo. Erano appena usciti da un locale e stavano passeggiando quando sono stati insultati con frasi omofobe.

Poi i 12 aggressori li hanno picchiati. Due dei sei sono riusciti a scappare nel tentativo di chiedere aiuto a qualche pattuglia di polizia prima di sporgere denuncia in questura. Il gruppo di amici è stato colpito con calci e pugni e altri insulti. Nessuno sarebbe intervenuto. Quando è arrivata la polizia il branco era fuggito verso via Cerda. I giovani amici, tra i 24 e i 29 anni, sono stati anche minacciati di morte se si fossero rivolti alle forze dell’ordine. Alcuni tra gli aggrediti sono finiti in ospedale.

“Avevamo trascorso la serata con alcuni amici in un locale in quella zona – racconta ancora -. Una volta usciti siamo andati a fare una passeggiata in via Ruggero Settimo. Era circa mezzanotte e mezza. Quando un gruppo di dodici, quindici, ragazzini tutti minorenni ci ha scrutato e fissato. E poi ci hanno urlato froci e finocchi. Noi ci siamo avvicinati chiedendo per quale motivo ci avessero apostrofato in questo modo. Ma per tutta risposta hanno picchiato un nostro amico seduto di spalle”. Sono stati attimi concitati.

“Io insieme ad un altro ragazzo abbiamo compreso che la situazione poteva degenerare – aggiunge la vittima – ci siamo allontanati per cercare di trovare una pattuglia di polizia. In giro non ce n’erano e così ci siamo diretti verso il Teatro Massimo. Da lontano abbiamo visto i nostri amici picchiati in modo violento. Tornati con la polizia, il gruppo di aggressori è scappato. Prima ci hanno minacciato di morte e ci hanno fatto segno di un arma nascosta in un borsello. Non so se fosse vero. Ma il segno era inequivocabile. Abbiamo presentato denuncia perché un fatto così grave non può passare in silenzio”.

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