Caso Apostolico, nuovo scontro con il governo

Piantedosi sul secondo provvedimento della giudice catanese: "Valuteremo e impugneremo"

CATANIA – Sulla decisione di non convalidare i trattenimenti nel cpr di Pozzallo disposti dal questore di Ragusa nei confronti di quattro migranti tunisini adottata dalla giudice del tribunale di Catania Iolanda Apostolico, interviene il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Non conosco questi ultimi provvedimenti nel dettaglio e non do giudizi sommari su procedimenti giudiziari – dichiara – ma valuteremo e impugneremo”. Quello della Apostolico è il secondo provvedimento dopo il primo che l’ha posta, nei giorni scorsi, al centro di grandi polemiche, dopo la pubblicazione di un video in cui era stata filmata mentre, ad agosto 2018, protestava contro la decisione dell’allora ministro dell’interno Salvini di non far sbarcare in porto 150 profughi. Domenica scorsa un altro giudice di Catania non aveva convalidato sei trattenimenti.

“Siamo profondamente convinti – ha aggiunto sulla questione il titolare del Viminale – che i provvedimenti del governo sono legittimi e rispettosi della cornice giuridica. Il tema del trattenimento al solo scopo dell’identificazione e di procedure accelerate alla frontiera è un tema cardine dell’attuale e futura normativa europea, con l’approvazione del Patto di migrazione e asilo”. E in uno dei quattro provvedimenti in cui nega la convalida del trattenimento, la Apostolico scrive: “Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e, come già affermato da precedenti decisioni di questo tribunale, il trattenimento di un richiedente protezione internazionale per le direttive europee, costituendo una misura di privazione della libertà personale, è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge”.

La giudice ribadisce inoltre, come già scritto in altre ordinanze, che lo status di richiedente asilo si assume con la manifestazione della volontà di invocare la protezione e nei 4 casi trattati tale volontà è stata espressa già a Lampedusa. A Pozzallo, infatti, i profughi tunisini si sono limitati a ribadire quanto chiesto sull’isola al loro arrivo: per cui per legge la cosiddetta procedura di frontiera non può essere loro applicata e quindi il trattenimento decade. Infine la giudice rileva che la norma del cosiddetto decreto Cutro che prevede il pagamento di una somma a garanzia come mezzo per evitare il trattenimento è “incompatibile con la direttiva Ue del 2013” come interpretata dalla giurisprudenza secondo cui “il trattenimento può avere luogo soltanto ove necessario, sulla base di una valutazione caso per caso, salvo che non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”. Infine Apostolico cita una sentenza della Corte di giustizia del 2020 secondo cui le norme Ue “devono essere interpretate nel senso che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità”.

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