Il boss nemico di Riina comandava ancora

Palermo: tra gli 11 arrestati Michele Micalizzi, alla guida del clan di Tommaso Natale dopo aver scontato 20 anni VIDEO

PALERMO – I carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Palermo hanno notificato 11 ordinanze di custodia cautelare, di cui 8 in carcere e 3 agli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico, nei confronti di boss, alcuni dei quali già detenuti, gregari ed estortori del mandamento mafioso di Tommaso Natale. Le accuse per gli arrestati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione con l’aggravante del metodo mafioso e tentato omicidio aggravato. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Marzia Sabella.

L’inchiesta fa luce sull’organigramma, le dinamiche e gli affari del mandamento mafioso di Tommaso Natale a cui appartengono le famiglie di Partanna Mondello, Tommaso Natale e Zen-Pallavicino. La misura cautelare è stata notificata in carcere al vecchio boss Michele Micalizzi, già al vertice del clan e tornato alla guida della cosca dopo aver scontato una condanna a 20 anni. Gli investigatori si sono serviti di tecnologie sofisticate di intercettazione riuscendo, così, a superare le continue cautele messe in atto dagli indagati per sfuggire alle indagini. Gli inquirenti inoltre hanno scoperto i canali attraverso i quali il clan comunicava con le altre cosche, accertato decine di estorsioni, svelato la presenza costante delle famiglie nella vita del mandamento. I boss dirimevano liti tra i cittadini e tutelavano gli interessi dei commercianti che pagavano il pizzo in cambio della protezione. Solo due giorni fa la procura di Palermo aveva chiesto e ottenuto dal gip 18 misure cautelari per esponenti del can di Resuttana, mandamento confinante con quello colpito dal blitz di oggi.

IL RITORNO DEL BOSS. Si è fatto 20 anni di galera e scarcerato, dopo una breve parentesi a Firenze, è tornato a Palermo al vertice della famiglia mafiosa di Partanna Mondello Michele Micalizzi, coinvolto nell’inchiesta dei carabinieri. Micalizzi, 73 anni, nemico giurato del boss Totò Riina, è il genero dello storico capomafia Rosario Riccobono, assassinato dai corelonesi durante la seconda guerra di mafia. Anni di esperienza nel narcotraffico, rapporti strettissimi con i trafficanti thailandesi, il padrino alla guida del clan si serviva di fedelissimi come Gianluca Spanu e Francesco Adelfio. Micalizzi si muoveva con cautela per sfuggire alle indagini, certo che i carabinieri lo stessero tenendo d’occhio. In una intercettazione con boss Tommaso Inzerillo chiedeva: “Ci ascoltano? Sicuro sei?”. E l’interlocutore gli rispondeva: “Al 99 per cento”. Allora Micalizzi ricordava come i “cugini” mafiosi americani erano riusciti a eludere le “cimici”. “Gli americani erano sofisticati – spiegava – entravano nei negozi si spogliavano, compravano vestiti nuovi, scarpe nuove perché glieli infilavano pure nei tacchi delle scarpe (le microspie ndr) e i vestiti li buttavano e li arrotolavano dentro i sacchi e se ne andavano in campagna a parlare”.

“QUI COMANDIAMO NOI”. Sono decine le estorsioni accertate. Cosa nostra, dunque, continua a ricorrere al racket del pizzo per alimentare le sue casse. Le intercettazioni hanno fatto luce su diversi episodi, molti dei quali a carico di ristoratori delle borgate marinare di Sferracavallo e Mondello, costretti a pagare qualche centinaia di euro o a subire l’imposizione di servizi di vigilanza e delle forniture di pesce e frutti di mare. “Io ci faccio la sicurezza nei chioschetti. Qui comandiamo noi”, diceva un mafioso indagato non sapendo di essere intercettato. La pressione del racket sulle attività economiche, dunque,non accenna ad allentarsi e la mafia continua ad applicare la regola del “pagare tutti per pagare meno” imponendo una tassa inferiore rispetto al passato, ma non risparmiando nessuno.

RUBANO AUTO MOGLIE BOSS: PESTATI A SANGUE. L’8 settembre del 2021 viene rapinata la moglie del boss Michele Micalizzi. Dei banditi, evidentemente non sapendo chi fosse la vittima, entrano in azione allo Zen di Palermo e rubano l’auto della donna. Il capomafia in due ore scopre gli autori del colpo e li punisce. Il particolare, per il gip “plateale dimostrazione del potere criminale” del mafioso, emerge dall’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato a 11 arresti tra i quali quelli di Micalizzi e del figlio. I rapinatori vengono costretti a riconsegnare l’automobile alla moglie del capomafia. Ma prima uno dei responsabili viene selvaggiamente malmenato dagli uomini del boss. Il figlio di Micalizzi, Giuseppe, e un complice rassicurano il capomafia e la moglie, presenti vicino al luogo del pestaggio, di aver dato una dura lezione al bandito. “Tu mi devi dire grazie… sei vivo… l’ho macinato… l’ho ammazzato”, dice non sapendo di essere intercettato.

IL PROGETTO DELLA TRUFFA ALLA UE CON UN PROFESSIONISTA. Stava progettando una truffa all’Unione Europea boss Michele Micalizzi. Emerge dalle intercettazioni delle conversazioni tra il capomafia e un altro uomo d’onore storico, Tommaso Inzerillo. “Io conosco una persona a posto – diceva – ed è buona, e ha buone possibilità, diciamo a livello Europeo, per potere approfittare di questi finanziamenti pure per una quota consistente a fondo perduto, però per quanto riguarda, al momento ci sono i bandi e si dovrebbe presentare entro dicembre al massimo nei primi di gennaio, per quanto riguarda l’agricoltura”. Dalla conversazione viene fuori che Micalizzi si appoggiava a un professionista che gli dava consigli sui bandi europei. “Nel meridione e in particolar modo la Sicilia arriviamo all’ottanta, – spiegava – certe volte al novanta per cento, quindi se facciamo una pratica da dieci milioni, otto nove milioni sono a fondo perduto, dice: e poi te li rendiconto io, questo ha l’ufficio a Bruxelles, a Malta”. “Comunque è una persona che è una miniera, sotto certi aspetti, ha grosse possibilità alla banca all’UniCredit”, continuava. E Inzerillo conveniva: “esatto”.

GLI ARRESTATI. Questi gli arrestati nell’operazione Metus. In carcere Michele Micalizzi, 73 anni, Gianluca Spanu, 35 anni, Domenico Caviglia, 47 anni, Amedeo Romeo, 47 anni, Rosario Gennaro, 57 anni, Matteo Pandolfo, 47 anni, Giuseppe Micalizzi, 42 anni, Carmelo Cusimano, 48 anni. Ai domiciliari sono finiti Giuseppe Giuda, 49 anni, Francesco Nappa, 37 anni e Vincenzo Garofalo, 37 anni.

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