Morì durante un fermo dei carabinieri, spiraglio dalla Cassazione

Accolto ricorso dei parenti di Enrico Lombardo su archiviazione

La Cassazione, sul caso di Enrico Lombardo, l’uomo di 42 anni morto nella notte tra il 26 e il 27 ottobre del 2019 durante un fermo dei carabinieri a Spadafora, in provincia di Messina, ha disposto che gli atti tornino al tribunale di Messina dove il giudice monocratico dovrà fissare un’udienza nella quale si discuterà della seconda richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura e verrà presa una decisione in merito. La decisione degli Ermellini è stata presa dopo un ricorso presentato dall’avvocato Pietro Pollicino, legale dei familiari. “Sono contento perché si apre una spiraglio in questa triste vicenda giudiziaria”, ha commentato il legale.

“Siamo contenti, il nostro urlo di richiesta di giustizia è stato accolto e siamo fiduciosi per il futuro dell’inchiesta perché ci sono gli elementi per un processo: le foto di Enrico parlano da solo, è stato massacrato, non può essere morto per infarto – ha detto Alessandra Galeani, ex moglie di Enrico Lombardo -. Ho avuto fiducia e continuo ad averla nella magistratura, e sono sicuro che avremo giustizia. Voglio ringraziare le associazioni che da subito ci hanno creduto e che ci hanno sostenuto con forza e determinazione”.

Sulla decisione della Cassazione con una nota è intervenuto anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia: “C’è ancora una possibilità di chiarire cosa accadde a Enrico Lombardo e di accertare tutte le responsabilità. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta una speranza per la famiglia di Lombardo e per coloro che cercano la verità in questa grave vicenda. È fondamentale che tutti gli elementi non ancora presi in considerazione vengano ora attentamente esaminati”.

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