Furia su Maria: uccisa con dodici coltellate

Delitto nel Trapanese: il marito della 29enne tace. Il fratello: "L'ho visto con l'arma insanguinata"

TRAPANI – La 29enne Maria Amatuzzo è stata assassinata con dodici coltellate all’addome. Lo ha accertato il medico legale nella prima ispezione cadaverica effettuata sul corpo della donna, uccisa a Marinella di Selinunte dal marito Ernesto Favara, 63 anni, che è stato arrestato per l’omicidio. All’Istituto di medicina legale di Palermo è stata effettuata l’autopsia disposta dalla Procura di Marsala.

L’arma è un coltello da cucina. Quando i carabinieri sono arrivati nella casa, l’uomo lo stava ancora brandendo. Gli investigatori stanno cercando di capire il movente. Favara si è avvalso della facoltà di non rispondere, dunque non ha fornito elementi utili. Pare che la donna avesse lasciato la casa da qualche giorno e fosse rientrata per prendere qualche oggetto personale. In casa c’era il marito, è scoppiata una lite, forse legata alle figlie, due gemelline di appena 4 anni, che da un anno vivono in una comunità alloggio.

Non era un rapporto sereno quello tra Ernesto Favara e Maria Amatuzzo. “La conflittualità tra i due era nota”, riferisce il capitano dei carabinieri di Castelvetrano Pietro Calabrò. Ieri, forse, l’ennesima lite finita in tragedia. Una storia d’amore nata poco più di 5 anni fa, quella tra i due. Lui pescatore trapanese, lei di origini palermitane. Entrambi avevano storie di matrimoni alle spalle. Ernesto Favara ha due figli da un precedente matrimonio (la moglie era morta per malattia), Maria Amatuzzo, anche lei, ha due figli nati da storie precedenti che non vivevano più con lei. Quattro anni fa il matrimonio civile tra Favara e Amatuzzo e, lo stesso anno, la nascita dei gemellini. “Da quasi un anno i bambini erano stati affidati a una comunità alloggio”, spiega il capitano Calabrò. La coppia ha continuato a vivere in una casa modesta nel quartiere dei pescatori di Marinella di Selinunte, dove ieri si è consumato il femminicidio.

“Ero a casa e stavo dormendo – racconta Antonino Favara, 56enne fratello di Ernesto – quando ho sentito qualcuno che gridava ‘aiuto, aiuto’, mi sono affacciato dal balcone del primo piano sul cortile e ho visto mio fratello nel cortile ancora col coltello in mano”. I due fratelli vivono da 5 anni nello stesso appartamento: “Ma è ampio e, quindi, ognuno ha i propri spazi”, racconta. Antonino Favara a pranzo era rientrato da Marsala, dove si era sottoposto ad alcuni esami medici. “Ho parlato con mio fratello chiedendogli cosa avremmo preparato per la cena di Natale – aggiunge -, poi sono andato a letto. Nel pomeriggio ho sentito le grida, mi sono alzato, mi sono messo i pantaloni, ho preso la stampella e mi sono affacciato e ho visto mio fratello ancora col coltello in mano insanguinato. Ho chiesto a mio fratello cosa aveva fatto e lui mi ha risposto: ‘Mi ha fatto perdere le bambine’. Da lunedì scorso la moglie di mio fratello non era più in casa. Ernesto non aveva mai dato segni di squilibrio”. 

Non si sbilancia invece l’avvocatessa di Ernesto Favara, Margherita Barraco: “Cercheremo di capire quale sia stata la matrice della tragedia e se può essere escluso il reato a sfondo passionale o se tutto sia scaturito dalla triste vicenda legata ai figli tolti alla coppia. Resta, comunque, la gravità del gesto”.

 

 

 

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