Bancarotta, arrestato sindaco del Messinese

In manette per riciclaggio il primo cittadino di Montagnareale VIDEO

Il sindaco di Montagnareale (Messina) Rosario Sidoti è stato arrestato dalla Guardia di Finanza per bancarotta fraudolenta, tentativi di accaparramento di ingenti finanziamenti pubblici e connesse operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio. Le Fiamme Gialle hanno eseguito nei confronti un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Misure cautelari anche nei confronti di altre nove persone, tutte suoi familiari (i genitori, la moglie, la suocera, la figlia, le due sorelle, un cognato ed una cugina), alle quali è stato imposto il divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche per dodici mesi. [fvplayer id=”252″]

Secondo le Fiamme Gialle, Sidoti, coadiuvato da tutti i familiari, si sarebbe reso protagonista della costituzione di un fittissimo reticolato societario composto da sette società – con sede a Montagnareale ,Barcellona Pozzo di Gotto e Librizzi ed attive in svariati settori commerciali – dalla costruzione di edifici e strade alla compravendita di beni immobili, sino allo svolgimento di attività ricettiva – tre delle quali sarebbero state portate alla decozione, fallite e progressivamente svuotate dei rispettivi patrimoni a favore di altre società consorelle appartenenti al medesimo gruppo, cioè dei membri della famiglia indagata.

Secondo il giudice del Tribunale di Patti si tratta di uno schema criminale “estremamente sofisticato, molto elaborato, consolidato, ripetitivo, efficace e assai remunerativo”, che aveva la finalità non solo di determinare le bancarotte fraudolente e connesse operazioni di reimpiego dei patrimoni fraudolentemente distratti, ma anche – attraverso artifici e raggiri – di intercettare indebitamente cospicui finanziamenti pubblici concessi dal Comune di Montagnareale e dal vicino Comune di Librizzi. Su richiesta della Procura il Gip ha disposto il sequestro diretto, preordinato alla confisca, delle somme presenti sui conti correnti di quattro degli indagati per un ammontare complessivo di 2,5 milioni di euro, pari, cioè, al presunto ingiusto profitto ottenuto dalla commissione dei reati contestati, oltre al sequestro di tre unità immobiliari a Librizzi e Taormina del valore stimato di un milione di euro.

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