Cellulari a scuola, contrari 3 studenti su 4

Nel sondaggio Tecnica della scuola favorevoli invece docenti e genitori

Il divieto assoluto d’uso del telefono cellulare a scuola divide gli insegnanti e i loro studenti: lo dice l’ultimo sondaggio della Tecnica della Scuola, condotto in collaborazione con la redazione di ScuolaZoo, al quale hanno risposto oltre 4 mila lettori, di cui oltre la metà maestri e professori. Da una parte, l’81,8% dei docenti (e il 79,5% della categoria Altro, comprendente Ata, dirigenti scolastici, ecc.) che apprezzano la decisione delle scuole emiliane Malpighi di vietare totalmente l’uso del cellulare a scuola. Una percentuale che sale addirittura all’86,1% nel caso dei genitori, segno che gli adulti vedono nello smartphone più minacce che benefici. Dall’altra, tra i quasi mille studenti che hanno detto la loro sul tema, praticamente tre su quattro (il 72,9%) esprimono il loro dissenso verso l’astensione totale del cellulare a scuola: ciò che contestano è soprattutto il fatto che se il dispositivo per comunicare viene di fatto “sequestrato” non saranno mai in grado di gestirlo in modo corretto.

Quali argomentazioni sono giunte sul tema del telefono cellulare in classe dal mondo della scuola? Si va da chi sostiene “Non lo farei proprio entrare a scuola” a chi al divieto preferisce un “uso adeguato e responsabile del cellulare”. La posizione più ricorrente è quella di chi rivendica la necessità di un divieto ma flessibile, da sospendere nei casi in cui il cellulare possa essere utilizzato per la didattica. In particolare una fetta di insegnanti segnala le tecniche byod (bring your own device) di particolare utilità in classe, come quando, ad esempio, si intenda testare al volo la comprensione degli alunni su un argomento con un quiz veloce sul cellulare. E sul tema qualcuno infatti commenta: “Che senso ha la parola assoluto? Io sarei spacciato, i miei lo usano in continuazione per accedere a Moodle…. Byod”.

Seppure in quantità minoritaria, c’è anche chi oppone un secco no al divieto, perché “il cellulare va gestito, non proibito”. Così un insegnante: “Assolutamente no, è una cosa da stupidi negare la presenza del cellulare a prescindere. I cellulari possono essere uno strumento da esplorare, conoscere e può essere posto al centro di una elaborata didattica di media education. Inoltre, ogni classe e ogni contesto sono diversi. L’insegnante deve essere libero di adottare la pratica più funzionale al contesto. Senza restrizioni univoche dall’alto”. E un altro docente: “Non sono d’accordo. Secondo la mia modestissima opinione dovremmo farne addirittura più uso! In classe! E scoprirne anche i rischi e i benefici, parlando altresì di cultura della legalità”. E chi incalza: “Il cellulare può essere uno strumento di lavoro”. Infine non manca chi fa degli opportuni distinguo: “Divieto alle elementari; alle medie avvio all’utilizzo consapevole; e alle superiori utilizzo consentito con soli scopi didattici”.

Estremamente interessanti anche i commenti degli studenti. Uno di loro riporta l’argomentazione usata dalla rettrice delle scuole Malpighi, Elena Ugolini, relativa al fatto che i docenti devono, dal canto loro, riuscire a catturare l’attenzione dei loro studenti se davvero vogliono che il cellulare non sia un elemento di distrazione. Ci racconta lo studente: “Sto facendo attualmente un anno all’estero in California: qua l’uso del telefono non è vietato, possiamo anzi tenerlo tranquillamente sul banco. Il punto principale è che qui i professori fanno di tutto per tenerti presente mentalmente durante la lezione, sono molto più coinvolgenti e ti viene voglia di ascoltarli. Le lezioni sono molto più interessanti e non mi viene mai voglia di guardare il cellulare”.

Altra argomentazione ricorrente tra gli studenti è la stessa di chi, tra gli insegnanti, ha tirato in ballo l’esigenza di fare media education, così da educare alla gestione consapevole del cellulare: “Bisogna anche imparare a gestirlo in modo adulto. Se l’unico modo per limitarne l’uso è requisirlo, non saremo mai in grado di gestirlo autonomamente. Meglio sensibilizzare e insegnare uso corretto”. Insomma, la pedagogia deve fare la sua parte, secondo i ragazzi, non può tirarsi fuori dal problema con un divieto che per gli studenti non insegna nulla.

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