Il 15enne confessa, convalidato il fermo

Matricidio a Catania. Il legale di Valentina: "Viveva nella paura"

CATANIA – Ha confermato delitto e movente il quindicenne che ha ucciso a Catania, a coltellate, la madre, Valentina Giunta, di 32 anni. Lo ha ribadito nel lungo e sofferto interrogatorio davanti al Gip del Tribunale per i minorenni che ha confermato il suo fermo, eseguito due giorni fa dalla squadra mobile, per omicidio volontario. Il Gip, accogliendo la richiesta della procuratrice Carla Santocono, ha emesso un’ordinanza cautelare e il ragazzo è stato trasferito in un Istituto penitenziario minorile.

Restano ancora delle zone d’ombra da illuminare nell’inchiesta, che coinvolge anche la Procura distrettuale, per chiarire se il ragazzo abbia avuto un supporto nel delitto, anche dopo la sua ‘fuga’ durata diverse ore. Il 15enne non ha fatto trovare l’arma del delitto, ha gli abiti sporchi di sangue che indossava quando ha ucciso la madre. E per la Procura per i minorenni è chiaro il movente. L’ordinanza del Gip, spiegano dall’ufficio giudiziario, “cristallizza la ricostruzione della condotta materiale del giovane che, negli ultimi mesi viveva con la nonna paterna essendosi determinato a lasciare la casa della madre nonostante la stessa avesse mantenuto un atteggiamento protettivo verso il figlio, a fronte delle ostilità alimentate dalla famiglia del padre, detenuto da tempo per gravi reati, anche contro la persona”.

Ostilità che, secondo anche il racconto di una cugina della vittima, erano sfociate anche in aggressioni e in due denunce, poi archiviate dopo il ritiro delle querele delle vittime. Perché lei voleva rifarsi una vita, lontana dalla famiglia del marito, in carcere dal 2018, che, ricostruiscono i familiari della vittima, l’avrebbe anche minacciata quando era detenuto.

Ed è anche la famiglia di Valentina, che è parte offese nell’inchiesta, a chiedere, tramite il proprio legale, l’avvocato Salvatore Cannata, “chiarezza”, non soltanto sull’omicidio, ma, anche, “sul contesto deviato e deviante in cui è maturato l’efferato delitto” perché “ci sono responsabilità che non si possono limitare al solo fatto di sangue”. Il penalista spiega che la donna “viveva da anni nella paura che qualcosa di grave le sarebbe potuto accadere” nella sua vecchia abitazione e per questo “da alcuni mesi si era trasferita insieme al padre in un’altra casa presa in affitto”.

“Nell’ultimo anno – ricostruisce il legale – sono stati diversi gli episodi di violenza, anche gravi, che hanno visto come persone offese Valentina Giunta e la sua famiglia e come protagonisti attivi la famiglia del suo ex convivente”. In questo quadro, è la tesi della famiglia della donna, il figlio più grande si era nel tempo molto legato ai nonni paterni e avrebbe sviluppato risentimento verso la madre che, a suo modo di vedere, avrebbe ‘tradito’ il padre scegliendo di tagliare i ponti con lui e con la famiglia. Un ‘tradimento’ imperdonabile sfociato nel matricidio.

La famiglia di Valentina temeva per la sua vita e aveva cercato di convincerla a trasferirsi lontano da Catania, in Germania, per allontanarla dal contesto violento in cui era costretta a vivere. Lo racconta una cugina. “In famiglia sapevamo che correva dei rischi – dice Cristina Bonanzinga – e avevamo paura, per questo la incitavamo ad andare via”. I familiari della giovane uccisa, che aveva un figlio minore di 10 anni che voleva allontanare dai nonni paterni, non la lasciavano mai sola. E raccontano di appostamenti, aggressioni fisiche subite dal padre di Valentina, finito in ospedale e di danneggiamenti. La ragazza aveva denunciato, come aveva denunciato i messaggi minacciosi ricevuti da numeri anonimi, ma poi aveva ritirato le querele e le indagini non erano andate avanti.

La donna, ha ricostruito il medico legale, è stata colpita “con un’arma da punta e taglio al collo, al fianco e alla spalla sinistra che le cagionava la lesione di grossi vasi sanguigni con shock emorragico, che ne determinava la morte”. Il conferimento dell’incarico per l’autopsia avverrà domani. 

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