Compagnie telefoniche, truffati in migliaia

Soldi prelevati agli utenti senza il loro consenso, 33 indagati in Italia

La Procura di Milano ha chiuso le indagini sulla truffa da 99 milioni di euro nei confronti di migliaia di clienti delle più importanti compagnie telefoniche, come WindTre e Vodafone, che si sono visti prelevare importi per servizi a pagamento come giochi, suonerie o oroscopo, senza aver dato il consenso. L’avviso di conclusione indagini riguarda 33 persone, anche ex dirigenti delle società telefoniche, accusate a vario titolo di frode informatica con furto e conseguente indebito utilizzo dell’identità digitale e tentata estorsione contrattuale.

L’avviso riguarda in particolare il filone con al centro WindTre ed è indirizzato, tra gli altri, ad Alessandro Lavezzari, ai tempi responsabile della funzione ‘Content & Service Partnership, Luigi Saccà – figlio di Agostino ex dg della Rai – referente per il settore Vas (Value Added Service), Fabio De Grenet in qualità di referente della divisione ‘Advertising-Sales’, Angelo Salvetti e Fabio Cresti, rispettivamente legale rappresentante e vice presidente di Pure Bros Mobile spa, azienda che si occupa dello sviluppo di servizi digitali di mobile marketing e mobile payment, un consulente della stessa società di riferimento delle Telco in Italia, un socio di un’agenzia pubblicitaria e tre sviluppatori, cioè giovani informatici italiani di una azienda con sede all’estero e con compensi, si legge nelle carte, da 5 mila dollari in su al mese.

L’inchiesta, avviata nell’estate del 2018 a seguito di una denuncia da parte di DigitalApp, è stata condotta dalla polizia postale e dalla guardia di finanza di Milano e ha portato a sequestrare finora una quarantina di milioni. Inoltre ha portato a fare accertamenti anche su Vodafone e Tim. Secondo la ricostruzione dei pm, bastava visitare una pagina web, talvolta con l’inganno di fraudolenti banner pubblicitari e, senza far nulla (Zero Click), ci si ritrovava istantaneamente a essere abbonati a un servizio che prevede il pagamento di una somma di denaro sul conto telefonico ogni settimana o mese in cambio dell’accesso a contenuti come notizie, gossip o video.

Oppure era sufficiente attivare i servizi a valore aggiunto, Vas, attraverso schede sim usate tra macchine per lo scambio di dati (per esempio per accendere il riscaldamento a distanza). Il sistema si fondava su un complesso meccanismo che ha portato, tra il 2017 e il 2019, a illeciti guadagni per 99 milioni complessivi, di cui almeno la metà sarebbero stati incassati dalla compagnia telefonica. Prima della fine dell’anno è attesa la chiusura di un’altra parte dell’indagine.

Si parla di una “media di 30/40 mila attivazioni” indebite “al giorno”, nella primavera del 2020, di “servizi premium, cosiddetti Vas” per “ignari consumatori che si vedevano addebitare i relativi costi pari a 5 euro a settimana”. Un “sistema” che, spiega la Procura, sarebbe andato avanti “dal 2017 e fino al giugno 2020” in danno dei consumatori Oltre all’operatore telefonico al centro di questa tranche d’indagine, ossia Windtre (non è indagata la società), sono state individuate 26 società “di content service provider”, ovvero “fornitrici di contenuti Vas”.

Molte delle attivazioni indebite avrebbero riguardato le cosiddette utenze “machine to machine”, utilizzate “dai consumatori, ad esempio, per la gestione di ascensori e caldaie”, come già venuto a galla. Quando nell’estate 2020 si seppe dell’indagine, le attivazioni poi si azzerarono. Gli atti dell’inchiesta sono stati anche trasmessi tempo fa all’Agcom, che è intervenuta con una delibera il 14 gennaio 2021 “regolando in modo efficace” il mercato dei “servizi Vas”. E così, spiega il procuratore, “il fenomeno accertato dall’indagine è attualmente scomparso”.

Il “profitto illecito”, chiarisce il procuratore Viola, “per i soli content service provider” è pari “ad una somma non inferiore ai 99 milioni di euro, dei quali quasi 19 milioni sono stati sottoposti a sequestro preventivo” in passato, anche su conti esteri. Un altro provvedimento di sequestro “ha avuto oggetto la somma pari a oltre 21 milioni di euro”, ossia la “parte dei ‘ricavi tossici’ di cui l’operatore telefonico ha beneficiato”, trattenendo, si legge ancora, “il 50% delle somme indebitamente sottratte agli utenti”.

Le “complesse” indagini si sono mosse individuando gli “schermi societari impiegati nell’occultamento dei profitti”. E sono partite da una “dettagliata denuncia” della società DigitalApp. Ci sarebbero state una “serie di pressioni” nei confronti della stessa per fare in modo che “utilizzasse, per la pubblicizzazione dei proprio servizi, solo determinate agenzie che potessero portare maggiori guadagni anche per l’operatore telefonico”, ossia per Windtre. Per questo a 7 indagati viene contestata la “tentata estorsione contrattuale”. Alle 26 società individuate sono “contestate tra il 62% e il 69%”, a seconda dei due “differenti hub tecnologici” usati, delle “complessive attivazioni di servizi a valore aggiunto” e senza consenso. Agli atti anche le testimonianze sul fatto che “l’intero mercato” di questi servizi fosse “quasi del tutto alimentato da attivazioni ‘non compliant'”, in pratica senza l’ok degli utenti.

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