Vaiolo delle scimmie, tre casi in Italia

Screening su una trentina di contatti. I medici dello Spallanzani: "Nessun allarme"

Salgono a tre i casi confermati in Italia di vaiolo delle scimmie e sono tutti in carico all’Istituto di malattie infettive Spallanzani di Roma. Al caso di ieri se ne aggiungono oggi altri, confermati dalle analisi, e sono correlati al caso zero. “Ho aggiornato il ministro Speranza sull’evoluzione della situazione non appena ho ricevuto la notizia dal Servizio regionale per la sorveglianza delle malattie infettive – spiega l’assessore alla sanità del Lazio Alessio D’Amato -. Gli altri due casi sospetti, correlati con il caso zero italiano, sono stati confermati, pertanto salgono a 3 i casi di vaiolo da scimmie tutti presi in carico dall’Istituto Spallanzani”.

“La situazione è assolutamente sotto controllo. I casi sono stati identificati grazie a un sistema di sorveglianza collaudato, il Seresmi. Desidero e sono qui per ringraziare del lavoro lo Spallanzani, ringrazio i cercatori di virus – ha detto ancora D’Amato -. Ogni caso riscontrato ha una decina di contatti, dunque lo screening riguarda 30 contatti. Noi contiamo che nelle prossime ore si possa completare questo lavoro che è importante”.

Le tre persone contagiate dal vaiolo delle scimmie “sono trattate con una terapia sintomatica allo stato sufficiente”, così come comunica l’Istituto Spallanzani spiegando che “presso l’Istituto sono disponibili, comunque, farmaci antivirali che potrebbero essere impiegati in via sperimentale qualora si rendesse necessaria una terapia specifica”. Il direttore generale dello Spallanzani Francesco Vaia ha spiegato che per “la prossima settimana il nostro laboratorio di virologia prevede di isolare il virus che ha colpito queste persone”. La disponibilità di “un isolato virale renderà possibile eseguire una serie di indagini sperimentali: si potrà studiare se nel sangue di persone che sono state vaccinate contro il vaiolo, persone che oggi hanno più di 50 anni, sono presenti anticorpi che neutralizzano questo virus e cellule immunitarie in grado di attaccarlo – ha detto Vaia -. L’isolamento virale permetterà di eseguire test per la diagnosi sierologica di questa infezione”.

“Non c’è motivo di preoccupazione, ma di attenzione sicuramente sì – spiega Guido Rasi, già direttore esecutivo dell’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema), ordinario di microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata, presidente del Clinical Trial Center del Policlinico Gemelli -. I casi sono destinati ad aumentare ma dovrebbe esser possibile tenere l’infezione sotto controllo perché la diffusione di questo virus implica un contatto stretto, non è una patologia contagiosissima come il coronavirus. A esser più protetti sono i vaccinati, ma il vaccino non è più somministrato da decenni”. “Dall’influenza aviaria al Covid, dalla mucca pazza alla rabbia e la toxoplasmosi – spiega ancora Rasi – il 70% delle malattie infettive vengono trasmesse all’uomo dagli animali e dalla rottura del confine che separa alcuni ecosistemi, dovuta alla sempre maggiore, e non sempre rispettosa, interazione dell’uomo in ambienti animali”. Le stesse varianti Omicron, aggiunge Rasi, “sembrano essersi originate nel centro Africa e una delle teorie più accreditate è quella che siano diffuse attraverso il passaggio del virus tra uomo e roditori. L’interazione col mondo animale ha le sue regole e, quando non si rispettano, si vedono le conseguenze, come vediamo anche con l’invasione dei cinghiali a Roma”.

“Questo virus lo conosciamo da tempo e una parte della popolazione, i nati fino al 1971, è parzialmente coperta dal vaccino per il vaiolo umano – afferma Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano, ad Affaritaliani.it spiegando i rischi del vaiolo delle scimmie, aggiungendo che “in Italia si potrebbero avere qualche migliaio di casi, ma nulla paragonabile al Covid”. “La trasmissione avviene soprattutto, e non solo, con l’atto sessuale, non solo tra gay ma in generale, e quindi bisogna prestare particolare attenzione. La trasmissione della malattia avviene attraverso le bolle ed è quindi molto diversa da quella del Covid. In Italia si potrebbero avere qualche migliaio di casi, ma nulla paragonabile al Covid. Non avremo lockdown e zone rosse, insomma”, spiega.

“Il punto chiave da capire è se il virus ha cambiato caratteristiche. Quello che sappiamo finora è che non si trasmette con buona efficacia da uomo a uomo e solitamente è da animale a uomo e si ferma ai familiari. Anche se in qualche cluster è stata evidenziata una maggiore contagiosità – spiega -. Va poi sottolineato che impropriamente viene chiamato vaiolo delle scimmie perché i vettori principali sono i topi, i cani e gli scoiattoli, oltre alla stessa scimmia. Non solo, la malattia è già endemica in diverse zone del continente africano. L’importante è parlarne, senza allarmismo ma proprio per evitare una eccessiva diffusione di casi. Il Covid ci ha insegnato, come abbiamo visto anche con l’epatite nei bimbi piccoli, che le informazioni vengono rapidamente condivise in tutto il mondo. Prima del coronavirus, ogni Paese teneva un po’ per sé notizie su casi simili a questo. La comunicazione è importante e in caso di sintomi recarsi subito dal medico”.

Pregliasco aggiunge: “Il Covid è stato uno tsunami e il guaio è stato quello degli asintomatici, ovviamente in termini di contagiosità e di diffusione della malattia. Nel caso di questa tipologia del vaiolo occorre avere vescicole, bolle, e serve un contatto diretto”. E infine: “Normalmente la malattia non è mortale, anche perché l’uomo non è l’ospite principale. Sicuramente la mortalità è inferiore al 3% circa del Covid, prima dei vaccini. Importante è l’igiene personale, attenzione ai rapporti sessuali e magari non avere troppi partner”, conclude Pregliasco. 

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