Risarcimento Contrada, stop da Cassazione

Accolto il ricorso della Procura di Palermo, la Corte d'appello dovrà riesaminare la decisione

ROMA – E’ stato accolto dalla Cassazione il ricorso della Procura di Palermo contro la sentenza dello scorso aprile che aveva indennizzato l’ex funzionario del Sisde Bruno Contrada – condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a 10 anni di carcere – con 670 mila euro per ingiusta detenzione.
Così, dunque, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo che aveva riconosciuto a Contrada il risarcimento. Ora la Corte di Appello di Palermo dovrà riesaminare la sua decisione.
Contrada si era visto annullare la sentenza dopo la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo, che aveva dichiarato illegittimo il verdetto italiano. “Aspettiamo di leggere le motivazioni per un esame più approfondito, – dice il suo avvocato Stefano Giordano – ma è evidente fin d’ora che la Corte di legittimità non ha dato esecuzione alla sentenza di Strasburgo, secondo cui Contrada non andava né processato, né condannato”.
“Ora la palla passa nuovamente alla Corte d’Appello palermitana. Ma, comunque andrà a finire la vicenda, è probabile che Contrada non vedrà mai un centesimo di quanto gli spetta, considerate la sua età e le sue condizioni di salute e la lunghezza dei tempi processuali”, conclude Giordano. Contrada ha 89 anni.
La Corte d’appello di Palermo nel quantificare il danno da ingiusta detenzione aveva tenuto conto degli 8 anni, tra carcere e domiciliari, scontati in virtù della condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, bocciata prima dai giudici di Strasburgo, poi dalla Cassazione che aveva revocato il verdetto, e dei danni morali, esistenziali subiti da Contrada e dalla sua famiglia.
Quello di oggi è l’ennesimo colpo di scena di una storia processuale intricata. Anni di processi di merito e di legittimità cancellati dalle pronunce della Cedu e della Corte di Cassazione che hanno stabilito che Contrada non andava posto sotto processo perché, all’epoca dei fatti, il reato a lui contestato non era stato tipizzato dal legislatore.
Contrada è stato arrestato a Natale del 1992 e ha trascorso 4 anni e mezzo in carcere e 3 anni e mezzo ai domiciliari. Due anni gli sono stati condonati per buona condotta. Dopo un tentativo di revisione della sentenza, dichiarato inammissibile, si è rivolto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.
Nel 2015 i giudici della Cedu condannarono l’Italia a risarcire il funzionario, destituito dalla polizia di Stato e poi reintegrato come pensionato nel 2017 dal capo Franco Gabrielli, sostenendo che non andava processato ne’ condannato perché il reato di concorso esterno in associazione mafiosa era stato tipizzato e aveva assunto una dimensione chiara e precisa solo con la sentenza Demitry del 1994. E Contrada era finito davanti ai giudici per fatti precedenti a quella data.
Uno spunto, quello della pronuncia della Cedu, che il legale di Contrada, Giordano, ha usato per chiedere, tramite un incidente di esecuzione, la revoca della condanna. Ma la Corte d’appello di Palermo giudicò il ricorso inammissibile. Tutto fu ribaltato dalla Cassazione che revocò la condanna per il concorso esterno, privando il verdetto della eseguibilità e degli effetti penali. Poi il risarcimento per la detenzione illegittima, oggi annullato.

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