Imprenditori al servizio del boss: fermati

Vicini al clan di Bolognetta, avrebbero ottenuto il monopolio nel settore delle agenzie funebri e dell'edilizia VIDEO

PALERMO – I carabinieri hanno eseguito un provvedimento di fermo nei confronti di Carlo Salvatore Sclafani, 46 anni e Mario Pecoraro, di 45, imprenditori accusati di essere ai vertici della “famiglia” di Bolognetta, comune che fa parte del mandamento mafioso di Misilmeri. Il provvedimento è stato emesso dalle Dda di Palermo.
Secondo le indagini, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, i due imprenditori nel periodo di reggenza di Stefano Polizzi, all’indomani del suo arresto, il 4 dicembre del 2018 nell’operazione Cupola 2.0, si sarebbero messi a disposizione del capofamiglia assumendo un ruolo centrale a Bolognetta e grazie al sostegno della famiglia di Misilmeri, comandata da Salvatore Sciarabba, anche lui arrestato nella stessa operazione, avrebbero ottenuto il monopolio sul territorio nel settore delle agenzie funebri e dell’edilizia.

Nel corso dell’operazione Dominio, i carabinieri avrebbero accertato anche “l’infiltrazione nell’Amministrazione comunale – spiegano gli investigatori – che avrebbe affidato loro commesse pubbliche senza seguire i previsti iter amministrativi in violazione del principio di trasparenza e imparzialità”.
Sclafani e Pecoraro avrebbero anche minacciato e intimidito un imprenditore per mantenere il predominio nella zona. Si sarebbero inoltre adoperati a redigere una documentazione falsa da presentate alla corte d’appello di Palermo per ottenere la revoca della dichiarazione di fallimento della società I.C. Servizi srl. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati aziende, conti correnti e il patrimonio immobiliare delle società per un valore di circa 4 milioni di euro.
Dalle indagini è emerso che Sclafani e Pecoraro si muovevano con molta circospezione. Quando dovevano parlare di cose delicate lasciavano i telefonini nelle auto. I due si incontravano spesso per parlare a quattrocchi in luoghi aperti e lontano da possibili intercettazioni.
Ad aprile del 2019 Sclafani doveva ricevere una lettera dal carcere da Stefano Polizzi, ritenuto capo della famiglia mafiosa di Bolognetta, che si trova detenuto nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere. Si sarebbe dovuto occupare di una cosa.
In un passo della lettera si fa riferimento all’ex deputato Paolo Ruggirello arrestato nell’operazione antimafia Scrigno e che si trova detenuto anche lui nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il pizzino era stato consegnato dal figlio di Polizzi a Sclafani durante un incontro a Bolognetta.
Dell’esistenza della lettera spedita da “mastro Stefano Polizzi”, i carabinieri vengono a conoscenza durante una conversazione tra Sclafani e la moglie. “Mastro Stefano mi ha mandato una letterina. Ha mandato due cose. Mi devo informare per una cosa”, dice Sclafani alla moglie.
“Qui peggio dei pizzini è andata a finire qua. Suo figlio te l’ha data?”, risponde la moglie. “Ci siamo intravisti con…”, aggiunge il marito. “Ruggirello Paolo onorevole di Trapani”, continua il marito. “Ma queste cose non vengono guardate” incalza la moglie. “Chi deve guardare”, conclude Sclafani.
Secondo quanto accertato dai carabinieri Polizzi aveva bisogno di soldi liquidi perché aveva tutto il denaro bloccato.

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