Gioele, indagini convergono sugli animali: “Bimbo e madre morti in momenti diversi”

I familiari continuano a essere convinti che non sia omicidio-suicidio. Martedì l'autopsia sul piccolo

MESSINA – L’autopsia sul corpo di Gioele Mondello, il bambino di 4 anni i cui resti sono stati trovati nelle campagne di Caronia, sarà eseguita al Policlinico di Messina il prossimo martedì.
Sempre martedì ci sarà un sopralluogo, previsto per oggi ma rinviato, di un’equipe di esperti della Procura di Patti, che coordina le indagini. I tecnici dovranno verificare se il corpo del bimbo – trovato a 700 metri di distanza dal luogo in cui è stata trovata morta la mamma, Viviana Parisi, dj di 43 anni – possa essere stato trascinato fin lì da animali selvatici o da cani.
Le ipotesi principali sulle quali la procura sta lavorando sono due: l’omicidio-suicidio e l’aggressione da parte di animali. La prima si basa sulle fragili condizioni psichiche della donna (i medici le avevano diagnosticato una psicosi con crisi mistiche e manie di persecuzione), che dopo l’incidente in galleria ha inspiegabilmente abbandonato l’auto e si è inoltrata nella campagna.
L’altra ipotesi è quella dell’aggressione da parte di animali selvatici, e trova d’accordo anche i familiari, convinti che la donna non avrebbe mai fatto male al figlio.
Oggi l’avvocato Pietro Venuti, legale della famiglia Mondello ha spiegato che potrebbero esser morti in due momenti e in due luoghi distinti. “Magari la madre aveva perso Giole per un attimo ed era salita sul pilone per tentare di avvistarlo, finendo giù accidentalmente. E’ probabile che il bimbo sia caduto da qualche altra parte e successivamente sia stato assalito dagli animali. Da quello che abbiamo visto sarebbe stato difficile anche per gli animali trascinare il corpo del piccolo nel posto dove sono stati trovati i resti. Comunque speriamo che questi sopralluoghi possano chiarire la vicenda”.
Intanto Domenico Bardetta, presidente del Parco dei Nebrodi, spiega che i suini neri selvatici sono numerosi in quella zona: “Abbiamo già posto il problema alla prefettura di Messina durante un tavolo tecnico, viste anche le lamentele degli allevatori preoccupati per i loro allevamenti, e ci è stato detto che ci sarebbero stati altri incontri per decidere un’ eliminazione selettiva di capi. Ci è stato in seguito riferito – prosegue il presidente – che poi i sindaci dei comuni dei Nebrodi avrebbero dovuto fare delle singole ordinanze per autorizzare l’operazione, ma non ci sono stati altri incontri anche a causa dell’emergenza Covid e altre problematiche. Noi non sappiamo cosa realmente sia accaduto, tuttavia i suini selvatici possono diventare pericolosi soprattutto se in branco e con i cuccioli al seguito, perché vedono l’uomo come una minaccia”.
In passato nell’area dei Nebrodi era consuetudine il cosiddetto “pascoli di rapina”: nuclei di suini venivano immessi illegalmente nelle aree demaniali, dove trovavano ghiande nel bosco, e quando crescevano venivano catturati, richiamati da cibo (fave secche o altre granaglie) ammassato in qualche punto per richiamare l’attenzione degli animali. Alcuni nuclei di questi suini si sono inselvatichiti ma, spiegano gli esperti, non ci sono stati fenomeni di ibridazione con i cinghiali, in quanto la nicchia ecologica è occupata dal suino nero.

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