A Catania la protesta per i buoni spesa: “La gente non ha più come mangiare”

Il comitato Reddito-Casa-Lavoro davanti all'assessorato ai Servizi sociali: "Escluse decine di migliaia di famiglie in emergenza". VIDEO - FOTO

CATANIA – A Catania protesta del comitato Reddito-Casa-Lavoro sotto gli uffici dell’assessorato ai Servizi sociali di Catania sull’assegnazione dei Buoni Spesa.
“Non possiamo più attendere – afferma Simone del comitato Reddito-Casa-Lavoro -, ci sono decine di migliaia di famiglie in reale emergenza che ad oggi non hanno ricevuto nessun aiuto. Venerdì è stata pubblicata la graduatoria dei richiedenti del Buono Spesa ed è emersa la figura degli ‘idonei non beneficiari’. La presenza di famiglie che avrebbero diritto a un aiuto economico ma che poi realmente non lo ricevono è per noi il fallimento di questa politica”.
“Non vogliamo fare assembramenti e non vogliamo morire di Covid, ma non vogliamo morire nemmeno di fame – fa eco Lara – abbiamo deciso di fare una conferenza stampa, per rispettare il distanziamento sociale, in rappresentanza delle decine di migliaia di famiglie. Siamo qua per approfondire le nostre richieste al Comune e all’assessorato alle Politiche Sociali”.
I presenti, ognuno escluso dai sussidi per motivi diversi, portano una lettera in cui espongono alcune richieste per l’amministrazione: “Sappiamo che ogni comune ha ampi margini di manovra sulla gestione dei fondi destinati a questi aiuti e pertanto non possiamo che chiedere delle modifiche, come già successo in altre città”.

Ecco le loro richieste. 1) Riaprire la possibilità di fare richiesta ma soprattutto dare la possibilità di ripetere l’operazione a tutti coloro i quali risultano esclusi, e parliamo di migliaia di persone, per errori o discordanze nella compilazione della domanda. Avevamo segnalato per tempo l’eccessiva complessità del modello online, non supportato da un sufficiente centralino in grado di sciogliere, per tempo, i dubbi di tantissimi. Ad oggi che esiste un elenco pubblico, sarà più semplice per i servizi sociali riaprire le domande e collocare le nuove richieste in graduatoria.
2) Allargare il requisito non solo ai residenti ma agli abitanti effettivi della città di Catania. Il nostro ordinamento prevede una netta distinzione tra residenza e domicilio, non capiamo perché non venga presa in considerazione dal Comune. A causa di questa scelta sono ad esempio esclusi praticamente tutti gli studenti fuori sede, che non è assolutamente detto abbiano una famiglia facoltosa alle spalle, e i migranti. E’ già successo in altre città del sud come Taranto.
3) Utilizzare i fondi stanziati da Musumeci per coprire le decine di migliaia di persone escluse. Con i 6 milioni già arrivati a Catania dalla Regione coprire chi è risultato idoneo ma è stato messo in secondo piano e con i 200 milioni approvati dalla finanziaria all’Ars per l’assessorato alla Famiglia e le politiche sociali allargare prima possibile la platea e rifinanziare l’erogazione per i mesi successivi.
4) Adottare la misura del Buono Spesa come stabile e reiterabile. Si è palesato a tutti ormai che non parliamo di una “emergenza” ma di una condizione sociale che andrà avanti per non sappiamo bene ancora quanto, chi ha gravi difficoltà economiche non necessita di aiuti una tantum.
5) L’assessore Lombardo, il sindaco e tutto il Consiglio comunale devono farsi pubblicamente carico ed esporsi affinché, da parte del governo centrale, esista un’effettiva presa di consapevolezza sulle differenze territoriali che tagliano in due il nostro Paese: vanno tutelati gli strati di popolazione che già prima di questa emergenza versavano in condizioni di povertà effettiva. Nel dibattito pubblico percepiamo un’elevata attenzione per aziende e imprese ma ben poca per le persone.
“Al sindaco Pogliese, all’assessore Lombardo, al prefetto Sammartino facciamo presente che a Catania si versa in una situazione di effettiva emergenza economica, e quindi di affrontare con responsabilità questa situazione, senza additare come problema di ordine pubblico la volontà dei cittadini e delle cittadine di palesare l’emergenza ma di lavorare per risolverlo. L’emergenza sociale non può aspettare, la gente non ha più come mangiare, se entro una settimana non riceveremo alcuna risposta saremo costretti a tornare”.

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