Il suicidio di Zalone

di Emanuele Grosso. Per la prima volta un film che non funziona: ecco perché

Checco Zalone si è suicidato. E’ capitato a molti comici prima di lui (Verdone, Troisi, Allen) di sconfinare da un giorno all’altro dalla genialità nella mediocrità, di solito per eccesso di ambizione o per esaurimento di ispirazione.

La caduta zaloniana è colpa di un divorzio. “Le storie d’amore finiscono, non abbiamo trovato l’accordo economico”, aveva detto il produttore Pietro Valsecchi per liquidare Gennaro Nunziante, regista dei quattro film precedenti con cui pare non andasse d’accordo. “E poi la star è Zalone”.

Solo che la star evidentemente non sa ancora dirigere. E per cavarsela senza la sua spalla, al momento della scrittura si è rivolta a uno sfiatatissimo Paolo Virzì, che l’ispirazione l’ha persa cent’anni fa e ha buttato giù film bellissimi quando lo sceneggiatore era Francesco Bruni e roba davvero brutta quando a dargli una mano è stata un’altra ex grande regista, Francesca Archibugi.

E’ evidente dalle prime scene: Tolo Tolo è uno di quei film talmente slegati, girati male e montati peggio che ti fanno subito pensare “chissà quali disavventure ha dovuto attraversare per arrivare in un cinema”; e da lì in poi una sfilza di “ma chi te l’ha fatto fare?”. Soprattutto chi te l’ha fatto fare a innamorarti di questa idea dell’italiano migrante, certamente nuova ma facile da gestire come Glenn Close in Attrazione fatale.

Un neo-regista che deve governare scene di grande complessità in Africa può mai concentrarsi sul funzionamento delle gag, ovvero il primo motivo del suo successo galattico, a maggior ragione se il suo co-autore non fa ridere dal ’57? Quel poco che di divertente Tolo Tolo riesce faticosamente a squadernare, come l’escalation del concittadino alle massime cariche politiche mondiali, si perde nella fiacchezza generale.

Ed è inutile sostenere che Luca Medici (protetto dal suo vero nome nei titoli alla voce “regia”) abbia sacrificato la comicità per addentrarsi nell’impegno, come se nelle puntate precedenti non avesse affrontato questioni enormi riuscendo però in ogni scena a concepire la battuta da smascellarsi.

Quasi sempre non immaginiamo quante peripezie ci siano dietro un’ora e mezza di distillato. E’ come se Zalone si fosse ritrovato davanti allo specchio senza sapere quali vestiti mettersi prima di un appuntamento amoroso importantissimo e a un certo punto gli avessero detto “Ok, come sei sei, adesso s’è fatto tardi e devi uscire”. E lui fosse andato con la giacca bucata. La sua fortuna è che ad aspettarlo per la serata romantica c’è una donna che è già innamorata di lui, e qualunque cosa possa dire o fare per lei andrà bene.

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