Evitò fallimento del Palermo calcio, magistrato sospeso per corruzione

Giuseppe Sidoti era uno dei magistrati che disse no al crac del club rosanero. Coinvolti anche Giovanni Giammarva, ex presidente della società, e l'avvocato Franco di Trapani

PALERMO – Perquisizioni a Palermo nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta su presunte fughe di notizie e ipotesi di corruzione che vedrebbero coinvolti un giudice palermitano, un legale e un ex dirigente del Palermo Calcio.
Le Fiamme Gialle hanno eseguito un’ordinanza del gip con cui è stata disposta l’applicazione di due misure interdittive della sospensione per un anno per il magistrato, Giuseppe Sidoti, e l’ex dirigente Giovanni Giammarva, ex presidente del Palermo Calcio, che è un commercialista. L’indagine è stata avviata dopo la trasmissione degli atti da parte dei pm di Palermo che indagavano per autoriciclaggio l’ex patron rosanero Maurizio Zamparini.
Nell’ambito di quell’inchiesta vennero fuori contatti sospetti tra uno degli avvocati della società e il giudice che faceva parte del collegio che avrebbe dovuto decidere sull’istanza di fallimento del Palermo che la Procura del capoluogo aveva presentato. I reati ipotizzati sono corruzione, abuso d’ufficio e rivelazione di notizie riservate.
Sidoti, giudice della sezione fallimentare del tribunale di Palermo, è accusato di abuso d’ufficio, concorso in corruzione e rivelazione di notizie riservate. Giammarva, sospeso anche dall’Albo dei curatori fallimentari, è accusato di concorso in corruzione. Al centro dell’indagine c’è l’ipotesi che la sentenza che scongiurò il fallimento della società rosanero, chiesto dai pm di Palermo, sia stata pilotata e frutto di uno scambio di favori. Sidoti era uno dei magistrati del collegio che disse no al crac del club.
I sospetti su un accordo corruttivo per pilotare la sentenza sul fallimento del club sono emersi nell’indagine dei pm palermitani sull’ex patron rosanero Maurizio Zamparini, accusato di varie ipotesi di autoriciclaggio ed evasione fiscale. Il coinvolgimento del giudice fallimentare in servizio a Palermo ha comportato la trasmissione degli atti a Caltanissetta, competente per legge sulle toghe del capoluogo.
Oltre a Giammarva e Sidoti è indagato anche l’avvocato Franco Di Trapani, uno dei legali della società rosanero. Agli atti della Procura di Caltanissetta è finita una telefonata tra Zamparini e Di Trapani risalente ai giorni precedenti al giudizio sul fallimento della società.
L’avvocato nella conversazione dice al patron di aver incontrato il giudice e di aver parlato del procedimento. Il magistrato, secondo quanto riferisce il legale, avrebbe apprezzato le argomentazioni della difesa e gli avrebbe fatto capire che di lì a poco sarebbe stato depositato un provvedimento.
Di Trapani riferisce a Zamparini di aver percepito un atteggiamento molto favorevole da parte del magistrato. In effetti dopo qualche giorno il tribunale deposita la sua decisione che non è né di rigetto dell’istanza di fallimento, né di accoglimento, ma di nomina di un collegio di periti per approfondire il caso.
I pm nisseni stanno cercando di capire se Sidoti abbia anticipato all’avvocato la decisione che il tribunale avrebbe preso. Tre mesi dopo, comunque, la sezione fallimentare rigettò la richiesta di fallimento presentata dalla Procura. Ricevuti gli atti da Palermo, Caltanissetta ha continuato a indagare e sarebbero emerse anche ipotesi di corruzione.
Il giudice, da anni in servizio nel capoluogo, ha fatto parte del tribunale dei ministri chiamato a decidere dell’inchiesta per sequestro di persona sul ministro Matteo Salvini nel caso della nave Diciotti.
LE ACCUSE AL MAGISTRATO. Pur avendo un rapporto “di conoscenza e di estrema confidenza” con l’ex presidente del Palermo calcio Giovanni Giammarva, il giudice fallimentare Giuseppe Sidoti non si astenne dall’incarico di giudice relatore nell’ambito della procedura pre-fallimentare del club rosanero.
Il tribunale, che poi respinse l’istanza dei pm, nominò, inoltre, consulente nella superperizia sulle casse della società Daniele Santoro, anche lui legato da rapporti professionali pluriennali con Giammarva.
Sono alcuni dei punti su cui si basa l’accusa della Procura di Caltanissetta che indaga sul giudice Giuseppe Sidoti e su Giovanni Giammarva, ex presidente del Palermo calcio, per un’ipotesi di corruzione finalizzata a pilotare la sentenza sul fallimento della società calcistica. Giammarva e Sidoti sono stati interdetti per un anno dal gip. Il magistrato risponde anche di rivelazione di notizie riservate e abuso d’ufficio.
Secondo i magistrati nisseni, le intercettazioni delle conversazioni tra Sidoti e il consulente proverebbero la “volontà del giudice di orientare l’esito del procedimento in senso favorevole alla società”.
Il magistrato avrebbe dato al consulente “una serie di direttive finalizzate a non far emergere nell’elaborato peritale criticità delle quali entrambi erano a conoscenza, con riguardo in particolare alla falsità dell’operazione di cessione da parte della U.S. Città di Palermo ad Alyssa (società di diritto lussemburghese riconducibile sempre a Zamparini) delle quote di Mepal (società detentrice del marchio del club rosanero) per 40 milioni di euro e alla solvibilità della stessa Alyssa e di Gasda (holding del gruppo Zamparini, fideiussore del credito di Alyssa)”.
Dall’atto di accusa della Procura emerge inoltre che il giudice invitò Santoro a effettuare nella perizia simulazioni sull’integrale svalutazione del credito di 40 milioni vantato dalla società calcistica, ma solo bilanciando l’eventualità con quella della ipotetica promozione in serie A (peraltro non realizzatasi).
Le criticità via via riscontrate dai consulenti tecnici sarebbero state riferite dal magistrato all’avvocato del club Paolo di Trapani (anche lui indagato) per consentire alla società “di porre in essere accorgimenti strumentali a scongiurare la dichiarazione di fallimento”, dicono i pm.
Sidoti, al termine della procedura, avrebbe dunque scritto un decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, da considerarsi – scrivono i pm – “atto contrario ai doveri di ufficio, in quanto adottato in violazione dei doveri di imparzialità”.
In cambio della sentenza di favore Sidoti avrebbe ottenuto da Giammarva un incarico nell’organismo di vigilanza della “U.S. Città di Palermo” in favore dell’avvocatessa Vincenza Palazzolo, legata al magistrato. Il gip di Caltanissetta ha riconosciuto la sussistenza della “corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio” e il rischio di reiterazione del reato.
Il giudice, nell’ordinanza, parla di “gravità delle condotte poste in essere dagli indagati, […], della reiterazione nel tempo e dalla particolare pervicacia e spregiudicatezza dimostrativa del loro inserimento in un contesto di scambi di favori”.
Sidoti è indagato anche per abuso d’ufficio: nel 2018 diede un incarico di curatore fallimentare all’avvocatessa Vincenza Palazzolo, evitando di astenersi “per gravi ragioni di convenienza”, scrivono i pm, visti i rapporti che lo legavano alla donna.

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