Inneggiavano alla jihad: fermati per terrorismo

Due cittadini del Bangladesh arrestati a Palermo VIDEO 

PALERMO – La Procura di Palermo, coordinata da Maurizio de Lucia, ha disposto il fermo di due cittadini del Bangladesh accusati di apologia ed istigazione a commettere delitti legati al terrorismo. I due, rispettivamente di 21 e 18 anni, hanno diffuso materiale di propaganda dello Stato islamico e inneggiato alla jihad, al martirio e all’uso della violenza. Il gip ha disposto per entrambi gli arresti domiciliari con obbligo di indossare il braccialetto elettronico. I due fermati sono Himel Ahmed e Munna Tapader. Secondo l’accusa, in più occasioni avrebbero pubblicamente fatto apologia di delitti in materia di terrorismo, inneggiando, esaltando e istigando la violenza come strumento di lotta contro l’occidente e condividendo sui profili social materiale contenente richiami alla jihad e alla “severa punizione” da infliggere ai miscredenti. L’indagine, coordinata dalla Dda, è stata condotta dalla Digos di Palermo.

I due, sempre secondo l’accusa, attraverso i loro profili social, su diverse piattaforme come TikTok, tra marzo e aprile scorsi, avrebbero fatto apologia di terrorismo pubblicando immagini, video e foto in lingua araba inneggianti al martirio. Gli indagati, che si sarebbero radicalizzati, avrebbero sistematicamente ricercato nel web materiale di propaganda e di indottrinamento denso di esaltazione dell’Isis, ascoltato e diffuso proclami e messaggi dal contenuto istigatorio alla violenza, al martirio e all’autolesionismo: sintomi, secondo il Gip, “di un’adesione ideologica radicata e profonda, più che di un interesse conoscitivo”. La polizia durante le indagini ha trovato nella memoria dei dispositivi che i due indagati utilizzavano video e post relativi a sermoni religiosi, canti jihadisti, molti dei quali con ripetute esaltazioni dei martiri del jihad.

In particolare, uno degli indagati ha postato on line frasi dal tenore “la Sicilia tornerà ad essere l’Emirato islamico” e ancora “la mia morte non è (forse) una sola volta nella mia vita? Perché non dovrebbe essere sigillata dal mio martirio?”, esprimendo spesso disprezzo per i kuffar “andrebbero gettati all’inferno e sottoposti ad una severa punizione. In relazione all’altro ragazzo, le indagini hanno consentito di rilevare la pubblicazione sui social di storie ritraenti soggetti armati con capo e occhi coperti, un collage di immagini che ritraggono fucili d’assalto, nonché frasi che richiamano il Califfato, il martirio nonché un video di Osama Bin Laden, fondatore e leader dell’organizzazione terroristica Al-Qaeda, recante a margine una didascalia scritta in lingua bangladese: “G*aza ti sento molto, se tu fossi qua non ci sarebbe così tanta distanza”.

All’intelligenza artificiale Ahmed Himel chiedeva “dove colpire una persona per paralizzarla”, mentre Munna Tapader pubblicava come propria immagine di copertina una bandiera nera con scritto in arabo “Califfato. Siamo entrati nella terra del grembo di nostra madre per il martirio – Al Mahmud”. Inoltre, il fermato ha postato un video raffigurante Osama Bin Laden con la scritta in Bengalese “Gaza ti sento molto, se tu fossi qua non ci sarebbe così tanta distanza”, un collage di foto di se stesso alla stazione centrale di Palermo tra guerriglieri e fucili d’assalto con la frase “un giorno se Dio vuole”. La Digos ha anche accertato contatti tra gli indagati e altri utenti dei social inneggianti alla jihad. Le indagini sono nate da monitoraggi condotti dalla Digos sul web e in particolare su personaggi vicini al radicalismo islamico.

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