PALERMO – “Quelle che a uno sguardo superficiale e cinico possono apparire squallide immagini pornografiche, sono invece sequenze che hanno immortalato lo stupro di una vittima, in quei frangenti totalmente inerme”. E’ il giudizio, contenuto nelle motivazioni della sentenza emessa a novembre con cui il tribunale di Palermo ha condannato sei dei sette protagonisti dello stupro di gruppo di una 19enne violentata due anni fa al Foro Italico, espresso dal collegio sui video girati dagli imputati durante gli abusi.
“Video crudi e disturbanti”, li definisce il tribunale che ha depositato le motivazioni del verdetto. “La ragazza appare, infatti, alla stregua di un oggetto inanimato, una cosa senza vita che si muove meccanicamente ed emette gemiti lamentosi e inconsapevoli. A tal proposito – dicono i giudici -, considerata anche l’attenzione riservata al particolare nell’ambito della complessiva e articolata difesa apprestata in favore degli imputati, deve rilevarsi che i suoni emessi dalla vittima nel corso degli atti sessuali che sono stati oggetto di videoripresa e che si sentono in sottofondo anche durante un messaggio audio inviato col suo cellulare dal Flores (uno degli imputati ndr) mentre era in corso lo stupro sono tutt’altro che interpretabili come gemiti di piacere”.
I giudici, come si legge nelle motivazioni, negano decisamente il rapporto consensuale: “Risulta drammaticamente evidente la dinamica di oggettificazione sessuale (principiata dalla svalutazione della persona della vittima in ragione dei suoi costumi sessuali e culminata nella inflizione nei suoi confronti di una sorta di punizione) che ha dato corso all’evento, con condotte agite nella piena consapevolezza dello stato di ubriachezza in cui ella versava e nella totale incuranza della effettiva e attuale volontà della persona offesa di intrattenere, in quel modo sprezzante e brutale, quel genere di rapporti”.
Il tribunale, ripercorrendo la testimonianza della vittima e di chi le prestò soccorso, analizzando i video girati dagli stupratori durante gli abusi e ricostruendo i fatti, in più passaggi mette in evidenza le contraddizioni nelle dichiarazioni rese dagli imputati che hanno sempre sostenuto che la 19enne era “consenziente”. Secondo i giudici, invece, la notte della violenza la vittima versava in uno stato di “ubriachezza tale da renderla in condizioni di inferiorità e di non essere in grado di prestare valido consenso alla consumazione degli atti sessuali che ugualmente le sono stati imposti e che sono continuati nonostante fosse a un certo punto intervenuto anche il suo dissenso esplicito alla prosecuzione degli stessi”.
“La giovane età degli imputati, alla stregua della estrema gravità della condotta perpetrata, non può da sola legittimare la concessione delle circostanze attenuanti generiche – scrivono ancora i giudici -, non essendo rimasto accertato che la condizione giovanile abbia direttamente influito sulla loro personalità, determinandone una non completa maturità, dovendo ritenersi, invece, che gli stessi abbiano agito in forza di una già formata mentalità sessista e misogina”.
“Non ricorre nessun altro elemento di seria pregnanza idoneo a legittimare detto riconoscimento, men che meno la condotta processuale, fatta eccezione per l’imputato Samuele La Grassa, che, in sede di interrogatorio ha reso sofferte dichiarazioni, successivamente non smentite, auto ed etero accusatorie, risultate rilevanti ai fini della ricostruzione del fatto”, spiegano i magistrati che a La Grassa hanno concesso le circostanze attenuanti generiche.
“Parimenti, sempre solo nei confronti di La Grassa – argomenta il collegio -, si ritengono configurabili i presupposti per la concessione dell’attenuante dell’opera di minima importanza”. Il giovane, concludono i giudici, “oltre a non avere personalmente perpetrato alcun atto sessuale ai danni della vittima (come sempre affermato da tutti gli altri imputati, mai espressamente negato dalla persona offesa) non ha neppure, come emerge dalla visione delle immagini catturate dalle videocamere di sorveglianza e dai video registrati, agito, né in fase preparatoria né in fase esecutiva, altre condotte particolarmente insidiose nei confronti della ragazza, essendosi, nelle prime fasi dell’incontro e del percorso, astenuto da atteggiamenti invasivi”.
I sei giovani accusati sono stati tutti condannati. Sette anni sono stati inflitti ad Angelo Flores, il maggiore dei ragazzi coinvolti, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia ed Elio Arnao, sei anni e 4 mesi a Christian Barone, 4 anni a Samuele La Grassa che non avrebbe partecipato agli abusi, ma sarebbe rimasto a guardare non intervenendo però mai in difesa della vittima. Separatamente è stato processato e condannato l’unico imputato minorenne al momento dei fatti che ha avuto 8 anni e 8 mesi.