Foto osé sui social: licenziata

Siracusa: cacciata dalla banca per "comportamento immorale". Lei gira un film porno e annuncia ricorso

SIRACUSA – Prima è arrivata una lettera di ammonimento e poi la lettera di licenziamento per giusta causa dalla banca di cui era una dipendente da 17 anni. Così una quarantenne piemontese ma siracusana d’adozione, ha perso il lavoro, sostenendo che la causa è da collegare a foto con pose osé pubblicate sui social.

“Sono sempre stata discriminata – afferma nel rendere noto il provvedimento che le è stato notificato dall’istituto di credito e annunciando ricorso -; io ho sempre posato come modella, e dal settembre 2020 mi sono iscritta a una piattaforma privata dove inserisco dei contenuti più espliciti. Poi dallo scorso anno sui miei social ho pubblicizzato alcune serate. Ma ho sempre svolto tutto fuori dal mio orario di lavoro”.

Nel novembre scorso è arrivata una lettera di ammonimento e la sospensione dal lavoro. “Per me è stato un abuso da parte loro – sostiene -, sono una donna che intende sfidare i falsi moralismi. Ma nei giorni scorsi mi è arrivata la comunicazione del licenziamento dove si evidenzia l’inadeguatezza e la mancanza di rapporto fiduciario per il mio comportamento immorale”.

Dopo la sospensione ha anche girato un film porno dal titolo “La bancaria di Siracusa”. L’istituto di credito le contesta “l’assenza ingiustificata dal servizio omettendo di avvertire dell’assenza; lo svolgimento di attività lavorativa extrabancaria durante l’assenza del servizio motivata da stato di malattia, alla visita fiscale domiciliare e lo svolgimento di attività professionale in violazione al contratto nazionale del lavoro”.

L’avvocato Piero Ortisi, che assiste la donna, parla di “mobbing”, e ribadisce che è stata “illegittimamente sospesa” perché, sostiene, “le circostanze attinenti la vita propria del lavoratore non godono di alcuna rilevanza soprattutto laddove siano estranee al contesto professionale”. Inoltre, osserva il legale, “i fatti posti alla base della contestazione sarebbero in ogni caso null’altro che libera espressione della sfera sessuale privata e personale della dipendente”.

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