Reparti invasi da no vax: “Ostili e difficili da gestire”

Catania. Lo sfogo di Cacopardo: "Pazienti riottosi e provocatori, i sanitari sono stanchi"

Scontri dialettici, ostilità e diffidenza nei confronti dei medici, ma anche personale sanitario stressato e messo a dura prova dai pazienti ricoverati per Covid che non accettano l’evidenza scientifica. Un post su Facebook del professore Bruno Cacopardo, diventato virale in poche ore, traccia un quadro lucido dell’attuale situazione sanitaria. Il medico, già componente del Comitato tecnico scientifico della Regione siciliana, racconta ciò che accade nel reparto di malattie infettive che dirige nell’ospedale Garibaldi Nesima di Catania, tra ricoveri, no vax e sanitari stanchi.

“Similmente a qualsiasi no vax – scrive il professore all’inizio della sua riflessione – anch’io desidero, in tutta fretta, di tornare ad abbracciare e a baciare parenti e amici. Ma i miei desideri di liberazione, individuale e collettiva, sono contrastati dalla realtà che sto vivendo: tutt’altro che virtuale. I reparti ospedalieri si riempiono giornalmente di casi con livello di gravità compreso tra moderato e severo. Il ritmo di riempimento dei pronto soccorso e dei reparti è di tale entità da superare il corrispettivo ritmo di svuotamento.

Cacopardo snocciola i numeri del suo reparto. “Da alcuni mesi a questa parte, la popolazione dei pazienti più gravi (quelli per i quali gli sforzi terapeutici diventano drammatici e insoluti) si è progressivamente selezionata in maniera inquietante: in 10 casi su 10, in 29 casi su 30, in 48 casi su 50, in 96 casi su 100, si tratta di soggetti non sottoposti ad alcuna vaccinazione per SarsCoV2. Questi numeri non li fornisco a caso: essi sono tratti dalla esperienza maturata presso il reparto che dirigo. Intendiamoci, ci sono casi di Covid19 tra i soggetti vaccinati, ma nella pratica clinica quotidiana, essi riguardano anziani o immunodepressi che non hanno risposto affatto alle due dosi vaccinali (soggetti non responders: 6-8%). Tutti i casi di infezione che ho osservato, invece, tra i vaccinati immunocompetenti, si sono risolti senza problemi con manifestazioni banali e non invalidanti”.

E ancora: “Per quanto detto, i reparti si stanno riempiendo di pazienti ammalati e mai sottoposti a vaccinazione. La stessa cosa sta avvenendo in tutte le parti del mondo, proprio tutte. Con l’eccezione di 3 o 4 paesi che hanno tassi di coinvolgimento vaccinale tanto elevati e di mancata adesione vaccinale tanto bassi (Emirati Arabi Uniti, Uruguay, Israele) da riprodurre il paradossale effetto di ricoverare esclusivamente i non responders alla vaccinazione”.

Poi entra nel merito della questione no vax: “Una parte dei non vaccinati in Italia è stata impossibilitata a farlo: per controindicazioni reali o perché mal consigliata (da sanitari retrivi o poco aggiornati, ma anche da amici, parenti e vicini di casa). Una fetta significativa invece, ha rinunciato per manifesta ostilità nei confronti del vaccino e di ciò che esso, in qualche modo, rappresenta”.

E poi l’ostilità tra pazienti riottosi alle cure e sanitari stressati. “Questi ultimi pazienti (le cui ragioni e la cui militanza io non discuto) allorchè vengono ricoverati, risultano, comprensibilmente, assai complessi da gestire: nutrono il mood dei prigionieri di guerra e manifestano una ostilità conclamata nei confronti degli ambienti che li ospitano, dei sanitari e qualsiasi sforzo terapeutico. Convincerli a sottoporsi ad un trattamento è procedura ardimentosa e complessa, spesso oggetto di laboriose contrattazioni. Financo la guarigione viene salutata da antipatici borbottii e da affermazioni assai gravose per chi ha profuso tanto impegno clinico (“non avete fatto niente, io sarei guarito lo stesso”). Questi atteggiamenti (francamente provocatori) in tutt’uno con il persistente sovraffollamento ospedaliero da parte di pazienti non vaccinati, rischiano di influenzare gli umori e i livelli di tolleranza del personale sanitario. Si tratta pur sempre di individui (deboli e fallaci in quanto appartenenti al genere umano) che stanno in trincea da oltre 18 mesi, in condizioni ambientali difficili, costretti all’opprimente gravame dei dispositivi di protezione individuali e non di rado privati del godimento di opportuni periodi di ferie, financo nelle fasi più torride della stagione estiva”.

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