“Ponte sullo Stretto? Facciamo un referendum”

La proposta del capogruppo del M5s all'Ars: "Decidano i siciliani e i calabresi"

Ponte dello Stretto sì, Ponte dello Stretto no. Il dilemma anima il dibattito dei cinquestelle siciliani e se da un lato si invoca l’organizzazione di un tavolo di confronto, dall’altra c’è chi propone di fare un referendum.
“Ponte sullo Stretto? Per un’opera così impattante sarebbe giusto dare la parola a chi con questa infrastruttura avrà più a che fare, i siciliani e i calabresi – afferma Giovanni Di Caro, capogruppo del M5s all’Ars, a nome dei 15 deputati del gruppo 5stelle di Palazzo dei Normanni -: facciamo un referendum come fu fatto nel 2016 per le trivelle, ma solo dopo che sul ponte si avranno a disposizione i principali elementi per potersi esprimere, ossia un progetto di massima, ovviamente non esecutivo o cantierabile, per cui ci vorrebbero anni”.
Il capogruppo M5s in Assemblea aggiunge: “Si mettano sul piatto costi, benefici, ricadute economiche per i territori e si faccia decidere ai cittadini, tenendo sempre presente, però che il ponte deve essere pensato come l’ultimo miglio, come punto finale di una rete di infrastrutture riammodernata e finalmente all’altezza di una società civile”.
“Solo in quest’ottica avrebbe senso parlare di ponte – aggiunge -. Non accetteremo compromessi al ribasso e soprattutto non intendiamo acconsentire all’opera senza garanzie di un imponente e immediato investimento in opere e infrastrutture strategiche e di compensazione, atteso che in Sicilia troppe strade versano in condizioni pietose”.
“Questa storia del ponte – continua Di Caro – sta occupando spazi di dibattito pubblico esagerati, cogliamo comunque l’occasione perché la questione meridionale torni alla ribalta, ponendosi al centro dell’agenda 5stelle nazionale. Non possiamo mancare l’irripetibile occasione di accendere un potentissimo riflettore sulla Sicilia e sul meridione in genere per colmare una volta per tutte parte dell’enorme gap infrastrutturale che storicamente separa il Nord dal Sud”.
“Altra cosa che ci preme evidenziare – prosegue Di Caro – è che è intollerabile che ogni volta che si parla di ponte si associ ad esso la parola mafia. Non esistono strutture pubbliche importanti al Nord e mafiose al Sud, cerchiamo di sfatare una volta per tutte questi inutili e immortali luoghi comuni. La mafia non si evita, si combatte”.
L’assemblea congiunta del M5S sulla questione del Ponte di Messina è andata avanti ieri fino a tarda notte con l’invito dei capigruppo a organizzare un tavolo di confronto, come preannunciato da Cancelleri.
“L’impressione è che siamo tutti concordi che questo tavolo, che è anche l’idea di Giuseppe Conte, sia una buona idea: lavorerà senza pregiudizi ideologici ma sulla base di dati tecnici per capire se l’opera sia un’infrastruttura utile per il Paese e non per una Regione, perché siamo parlamentari della Repubblica e dobbiamo guardare all’interesse generale”, avrebbe detto il presidente dei senatori, Ettore Licheri.
“Visto che della faccenda sono stati investiti i gruppi attendiamo di conoscere le modalità di istituzione del tavolo per poter gestire la partecipazione”, avrebbe quindi aggiunto il capogruppo a Montecitorio Davide Crippa.
Anche se a fine riunione, a microfoni aperti, in tanti parlamentari avrebbero protestato: “Ma quale tavolo! Ci sono le commissioni competenti!” avrebbero fatto notare in tanti.
Il reggente Vito Crimi, che ha rinunciato a chiudere perché, avrebbe detto, “sono al lavoro con gli avvocati…” avrebbe tuttavia chiarito: “Quando si parla di tavolo ci riferiamo a qualcosa di più ampio e cioè della questione infrastrutturale del Sud”.

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