Il boss al ristorante: “Per lei non ci sono problemi”

Palermo. Arrestati i fratelli Amato, proprietari del Carlo V e prestanome del "padrino" Calvaruso VIDEO

PALERMO – I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti dei fratelli Giuseppe e Benedetto Amato, di 41 e 46 anni, già indagati nell’inchiesta che a Pasqua ha portato in carcere il boss del mandamento di Pagliarelli Giuseppe Calvaruso, appena tornato dal Brasile per trascorrere le feste di Pasqua con la famiglia e alcuni fiancheggiatori.
Le indagini hanno portato al sequestro di attività commerciali, beni e conti correnti. I due arrestati sono accusati di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo e dalle modalità mafiose.

Gli imprenditori arrestati sono i proprietari del ristorante Carlo V, nel centro storico di Palermo e sono accusati di essere prestanomi di Giuseppe Calvaruso, ritenuto socio occulto dell’attività commerciale; si sarebbero intestati fittiziamente beni di lusso del boss, tra cui una Porsche Cayenne. Giuseppe Amato è rientrato la sera di lunedì scorso dalla Spagna dove, a Lanzarote, nelle isole Canarie, voleva aprire un’attività commerciale.
Significativo un episodio: è il Ferragosto del 2017, Settimo Mineo, l’anziano boss di Cosa nostra che stava ricostituendo la Cupola, è pedinato dai carabinieri che seguono ogni suo passo e lo intercettano. Insieme con la moglie si presenta al ristorante Carlo V di piazza Bologni, uno dei più conosciuti della città, a due passi dalla cattedrale.
Al titolare il padrino fa il nome di Calvaruso: “Ci ha presentato un amico nostro…”. E la risposta è immediata: “Signor Mineo, per lei non ci sono problemi”. Il pranzo fu offerto dalla casa. Per i magistrati sarebbe stato siglato un “accordo segreto fra Calvaruso e i fratelli Amato – questo è scritto nel provvedimento del gip – finalizzato a realizzare investimenti comuni destinati ad accrescere la loro ricchezza personale”.
Calvaruso era il vice di Mineo; il clan di Pagliarelli, zona orientale di Palermo, puntava alla leadership nella riorganizzazione di Cosa nostra e a investire nel settore della ristorazione e delle ristrutturazioni edili nel centro storico di Palermo.
In pratica Calvaruso, che secondo gli inquirenti ha notevoli capacità imprenditoriali e relazionali, progettava insieme ai due arrestati di costruire un impero commerciale che potesse garantire ingenti entrate formalmente lecite.
Nel corso dell’operazione è stata sequestrata anche la ditta “Edil Professional”, azienda edile, secondo l’ordinanza del gip, fittiziamente intestata a due indagati, alla quale Calvaruso aveva fatto avere numerose commesse per la ristrutturazione di appartamenti e palazzi del capoluogo siciliano.
Sequestrati conti correnti riconducibili ai due imprenditori arrestati, attraverso i quali, in più occasioni, Calvaruso era riuscito a ricevere somme di denaro per far fronte alle spese legate alla prenotazione di viaggi, alberghi e cene. I beni sequestrati ammontano a 2 milioni e mezzo di euro.
A riprova dei legami dei fratelli Amato col boss Calvaruso, gli investigatori hanno scoperto che nel ristorante Carlo V, nel ferragosto del 2017 ospite d’onore fu Settimo Mineo, il gioielliere che voleva ricostituire il coordinamento tra i mandamenti, finito in carcere nell’operazione ‘Cupola 2.0’ nel dicembre del 2018.
Giuseppe Amato così parlava con l’amico Giuseppe Calvaruso appena uscito dal carcere: “Tu hai avuto quello che hai avuto. Diciamo che tu sei mancato le persone come te mancano Peppe. Le persone perbene come a te mancano, capito?”. “E lo so”, diceva Calvaruso. Amato ribadiva: “Le persone come te mancano. A noi ci sei mancato. Io, mio fratello siamo sbandati. Ora ci sei di nuovo. Abbiamo bisogno perché sei una persona educata una persona di fondamentale di etica, di certi principi. Questo è il discorso. E purtroppo bisogna sempre migliorare nella vita. Gli amici ci vogliono, Peppe”.

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