Mare Jonio resta sequestrata

Il Tribunale di Ragusa ha confermato il fermo per la nave ong coinvolta nell'inchiesta sul trasferimento di migranti

RAGUSA – Il Tribunale di Ragusa ha confermato il sequestro disposto dalla Procura della nave Mare Jonio nell’ambito dell’inchiesta aperta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione sul trasbordo di 27 migranti dalla nave danese Maersk Etienne, che li aveva soccorsi 37 giorni prima. Lo rendono noto i legali della Ong annunciando che “non appena verranno depositate le motivazioni presenteremo ricorso in Cassazione”.
“Le risultanze istruttorie confluite nel fascicolo del sequestro – affermano gli avvocati Serena Romano e Fabio Lanfranca – confermano a pieno la veridicità dei report sanitari e il gravissimo stato di emergenza in cui ebbe ad essere effettuato il soccorso. Dall’analisi dei documenti della Procura abbiamo trovato la conferma che tre persone avevano cercato di uccidersi lanciandosi in mare e che altri avevano manifestato intenti suicidari a causa del gravissimo stato di stress fisico e psichico in cui versavano, del timore di essere riportati nell’inferno da cui venivano e dell’incertezza sulla loro sorte”.
“I 27 naufraghi – aggiungono – per 38 giorni hanno dormito su corde e cartoni adagiati sul pavimento del ponte della Maersk Etienne, riparati dagli agenti atmosferici con teli di fortuna. La nave cisterna, che avrebbe dovuto attraccare il 6 agosto per fare rifornimenti, non aveva risorse sufficienti ed il cibo è stato razionato. A bordo c’era anche un minore non accompagnato di soli 15 anni, che ha riferito di essere stato venduto e torturato”.
“Dalla lettura dei verbali di sommarie informazioni rese alla Polizia giudiziaria – rivelano i legali – abbiamo appreso che l’unica donna presente a bordo, fuggita insieme al marito dal Camerun a causa della guerra civile, era stata dapprima venduta a dei trafficanti libici e quindi trattenuta per tre mesi, contro la propria volontà, in un centro di detenzione libico gestito da uomini in divisa, dove è stata sottoposta a ripetute violenze sessuali. È difficile affermare – conclude la nota dei due avvocati – con un quadro così, che questa donna e gli altri naufraghi non avessero bisogno di cure mediche”

scroll to top