“Incline al delitto e alibi precostituito”: secondo i pm è Pietro il killer di Roberta

Il delitto di Caccamo. La sua auto ripresa due volte sul luogo del ritrovamento del cadavere. Gli inquirenti: "La ragazza già morta quando è stato bruciato il corpo"

PALERMO – Pietro Morreale, accusato di aver ucciso la fidanzata, Roberta Siragusa, e di averne cercato di bruciare il corpo, avrebbe cercato di precostituirsi un alibi mandando un messaggio a un amico la mattina del ritrovamento del corpo della vittima e chiedendogli se sapesse dove era la ragazza. Emerge nel provvedimento di fermo disposto dalla Procura di Termini Imerese che accusa Morreale di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Slitta però a domani l’udienza di convalida del fermo. Slitta anche l’autopsia, inizialmente fissata per oggi, sul corpo di Roberta, trovato in fondo a un burrone nelle campagne di Caccamo domenica mattina. I legali di Morreale hanno chiesto che sia il gip, con un proprio perito, e non il pm attraverso un suo consulente, a fare l’esame autoptico.
“Personalità incline al delitto e insensibile alla gravità dell’evento” e pericolo di fuga: sono le motivazioni che hanno spinto i magistrati della Procura di Termini Imerese a disporre il fermo del ragazzo.
Nel corso dell’interrogatorio del pm, ieri, il ragazzo si è avvalso della facoltà di non rispondere limitandosi a dire: “non l’ho uccisa”. Domenica mattina, invece, dopo aver portato i carabinieri sul luogo in cui era il cadavere, ha dato una versione che i pm ritengono assolutamente falsa.
Morreale ha infatti raccontato che insieme a Roberta, con cui aveva partecipato a una festa, si era appartato in auto. I due avrebbero litigato e la ragazza sarebbe scesa dalla macchina e si sarebbe data fuoco con la benzina che il fidanzato teneva in una bottiglia in macchina. Il ragazzo avrebbe cercato di soccorrerla, poi sotto choc sarebbe fuggito e sarebbe tornato a casa.
All’alba avrebbe detto ai suoi quel che era successo e col padre sarebbe andato in caserma. Una versione confermata sostanzialmente dai genitori e dalla sorella di Morreale che, per i pm, però, “presenta alcune determinanti incongruenze che raffrontate con altre dichiarazioni costituiscono un quadro indiziario particolarmente grave”.
La storia del ragazzo, descritto come morbosamente geloso e violento, è smentita da un video che riprende la sua auto fare su e giù dal luogo in si trovava il corpo tra le 2.30 e le 3.38 di sabato notte. Inoltre l’amico a cui il ragazzo ha chiesto la mattina di domenica dove fosse Roberta, ci aveva parlato al telefono alle 2 di notte e testimonia che Pietro era solo in macchina.
Dai primi rilievi medico-legali emerge, intanto, che Roberta era già morta quando è stato bruciato il corpo e che sul cadavere ci sono numerose escoriazioni. La Procura sottolinea infine diverse incongruenze anche nelle versioni date dai genitori dell’indagato.
E i racconti degli amici della vittima sembrano confermare la tesi dei magistrati. “Per mesi ha cercato di convincere Roberta a lasciare il fidanzato. L’avevo esortata a chiudere la relazione perché sapevo che sarebbe successo qualcosa di brutto, ma lei rispondeva che aveva paura che facesse del male a lei o alla sua famiglia” dice uno di loro.
Il testimone, che aveva avuto una relazione con Roberta, è stato sentito dai carabinieri che ieri per il delitto hanno fermato Morreale. Lui e Roberta non si vedevano più, ma continuavano a sentirsi.
Gli amici della vittima erano a conoscenza della morbosa gelosia dell’indagato che descrivono come violento, aggressivo, arrivando a picchiarla e minacciarla. Sabato notte la ragazza all’una, dopo aver lasciato la festa a cui tutti e tre partecipavano, aveva scritto all’amico due messaggi. In uno gli diceva che Morreale voleva un rapporto sessuale, nel secondo lo avvertiva che sarebbe tornata alla festa. Alle 2.30 l’amico scrive alla vittima. “Avevo un brutto presentimento e le ho scritto di chiamarmi se avesse avuto bisogno. Non ho dormito tutta la notte”.

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