Spiragli per il Conte-ter

Renzi apre, ma resta lo scoglio Bonafede

ROMA – Una mossa per tentare di sbloccare l’impasse. Per provare a togliere un alibi a Matteo Renzi di fronte agli “scontenti” di Iv. Giuseppe Conte, al termine di una giornata di trattative snervanti e inconcludenti, convoca un Cdm serale per sciogliere uno dei grandi nodi della sua gestione: la cessione della delega ai Servizi. Il tempo stringe, il Quirinale resta vigile come non mai e mercoledì 27 gennaio, in Aula, c’è da evitare il ribaltone che potrebbe concretizzarsi sulla relazione sullo stato della giustizia del ministro Alfonso Bonafede. Ribaltone che potrebbe far naufragare definitivamente le speranze di un Conte-ter. Il day-after del voto sullo scostamento di bilancio non produce costruttori. A Palazzo Chigi arrivano prima il capogruppo M5S Ettore Licheri, poi i senatori Gianluca Perilli e Alessandra Maiorino.
Ad un certo punto, dalla sede del governo, escono anche gli ex M5S Raffaele Trano e Piera Aiello. La ricerca dei volenterosi, insomma, procede. Ma Conte sa che la svolta la si potrà avere in due casi: o con la fuoriuscita di altri parlamentari di FI e di Iv o facendo in qualche modo rientrare i renziani in maggioranza. In Iv, le sirene del rientro nei ranghi di governo sono più che mai forti e in serata Renzi, prima di tornare a riunire i suoi gruppi, usa, per la prima volta, parole piuttosto dialoganti nei confronti di Conte.
Il tema è che gli scontenti di Iv non vogliono lasciare il gruppo alla spicciolata, ma con un gesto più collettivo sarebbe diverso. Rientrerebbero nel Pd e si sa, in momenti come questi ogni decisione ha un “prezzo” politico. Nella strategia di Conte l’obiettivo è formare due gruppi parlamentari di “costruttori” sul modello di quello che fu il gruppo “Ala” del governo Renzi. E c’è un’altra “portata” che Conte depone sul tavolo, guardando anche a Silvio Berlusconi in prospettiva: l’elezione del capo dello Stato. Conte ha fino a lunedì, massimo martedì, per risolvere il rebus più complicato da quando è a Palazzo Chigi. E a sera tenta di smuovere le acque formalizzando la cessione della delega ai servizi. A un terzo, come richiesto dallo stesso Renzi. Ma, difficilmente, la delega andrà ad un esponente politico.
Il borsino del totonomi fornisce due profili in pole: il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Piero Benassi – favorito – e il direttore del Dis Gennaro Vecchione. Uomini di sicura fiducia del premier, quindi, che potrebbero perciò non accontentare il senatore di Scandicci.
Ma, con Renzi, Conte non ha intenzione di trattare. I fari sono puntati su Iv e su chi, in Parlamento, vuole aderire ad una sorta di esecutivo di unità in chiave anti-sovranista e con lo stesso premier. Una “maggioranza Ursula” che avrebbe come principale compito l’attuazione del Recovery Plan. E’ proprio il Piano di Ripresa e Resilienza l’ultimo jolly che si giocherà il premier. E’ lì che, nella sua strategia, dovrà formarsi la maggioranza europeista a cui ha fatto appello.
Ma il piano, in Parlamento, approderà solo dopo il voto sulla relazione dello stato di Giustizia di Bonafede. “Ma non è solo la relazione, è il suo nome ad essere divisivo”, ammette una fonte di maggioranza. E allora, nel “ter”, l’attuale Guardasigilli potrebbe anche cambiare casella. Anche perché, dal “rimpastone”, Conte è quasi impossibile che possa sfuggire. Il premier, a meno di colpi di scena, sarà costretto a dimettersi e a dare il là ad una crisi pilotata che lo riporti a Palazzo Chigi con una squadra diversa.
E’ un rischio ma il ventaglio delle scelte è ormai ridotto all’osso. Il pressing del Pd sulla rapidità delle scelte aumenta di ora in ora. Le fibrillazioni del M5S pure. Entrambi non vogliono le larghe intese e dicono di non aver paura di tornare alle urne. Ipotesi teoricamente praticabile ma fattualmente lontanissima. E allora il nome di Conte potrebbe ancora una volta sbloccare l’impasse. Ma il premier, per qualcuno nella maggioranza, ora deve “sporcarsi di più le mani”. Dando prova di una prospettiva politica con lui in campo. Il tempo stringe e, non a caso, oggi Carlo Calenda annuncia una lista liberal democratica con dentro +Europa. Disegnando quello che potrebbe essere il “contro-contenitore” del possibile partito di Conte.

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