Mafia dei pascoli e truffe con fondi Ue, Agea non si costituisce parte civile

L'agenzia che eroga i contributi per l'agricoltura è la vittima principale del raggiro delle cosche

MESSINA – Manca la principale vittima della truffa milionaria tra le parti del procedimento a 133 tra boss, insospettabili professionisti e gregari dei clan tortoriciani, in corso a Messina. La Agea, l’ente che eroga i finanziamenti stanziati dall’Ue per i produttori agricoli, obiettivo del raggiro che per anni ha fatto avere alle “cosche” dei Nebrodi contributi illegittimi, non si è costituita parte civile. Un paradosso inspiegabile di una vicenda che un anno fa portò in carcere oltre 90 persone nell’ambito di una inchiesta della procura di Messina guidata da Maurizio de Lucia.
L’indagine, che ha decapitato la mafia dei Nebrodi, ha scoperto l’affare milionario messo su dai boss che hanno intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all’AGEA. A fiutare il business sono stati i clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, che, anche grazie all’aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei per l’agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro.
I due clan, invece di farsi la guerra, si sono alleati, spartendosi virtualmente gli appezzamenti di terreno, in larghissime aree della Sicilia ed anche al di fuori dalla regione, necessari per le richieste di sovvenzioni. ‘Cio’, – scrisse il gip che dispose gli arresti su richiesta della Dda di Messina – con gravissimo inquinamento dell’economia legale, e con la privazione di ingenti risorse pubbliche per gli operatori onesti’.
La truffa si basava sulla individuazione di terreni ‘liberi’ (quelli, cioè, per i quali non erano state presentate domande di contributi). A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano i dipendenti dei Cca che avevano accesso alle banche dati. La disponibilità dei terreni da indicare era ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanomi dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi.
Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che poi venivano accreditate al richiedente prestanome dei boss spesso su conti esteri. Il procedimento è in corso davanti al gup che dovrà decidere i rinvii a giudizio degli imputati. Sono nove state le richieste di abbreviato. La prossima udienza è fissata per domani.

scroll to top