Il marmo siciliano è in crisi

Ritardi nelle pratiche e funzionari in pensione paralizzano il comparto: "Saremo costretti a licenziare per colpa della burocrazia"

CHIARAMONTE GULFI – Il comparto delle cave in Sicilia rischia la paralisi. Da otto mesi, l’attività dei Distretto Minerario è in ritardo e i funzionari, da otto mesi, non effettuano i sopralluoghi. Accade a causa dei pensionamenti, che hanno ridotto l’organico dei Distretti di Palermo, Catania e Caltanissetta.
I pochi funzionari in servizio protestano per il mancato rimborso delle indennità di missione ed hanno sospeso i sopralluoghi. Questo provoca gravi conseguenze per il comparto della lavorazione della pietra e del marmo, che ha in provincia di Trapani e di Ragusa i suoi poli d’eccellenza.
Le attività di cava sono bloccate, il rischio dietro l’angolo è quello di decine di licenziamenti, con la perdita di posti di lavoro e gravi danni anche per l’indotto. Lo dice Giovanni Leonardo Damigella, titolare della Mondial Granit. “I dipendenti dei Distretti minerari – spiega l’imprenditore del marmo – lamentano, da due anni, il mancato rimborso delle spese sostenute per i sopralluoghi (molto impegnativi per via delle grandi distanze) e perché l’indennità per l’utilizzo delle auto private non viene loro riconosciuta. L’organico è ridotto. Non è stato ancora nominato il dirigente del Dipartimento regionale di Palermo. Sono in servizio solo gli otto funzionari del Distretto di Caltanissetta, mentre i Distretti di Palermo e Catania, a causa dei pensionamenti, non hanno personale. Da otto mesi i funzionari del Distretto Minerario di Caltanissetta per protesta, non effettuano più i sopralluoghi richiesti dalle imprese. Sono lavoratori encomiabili, che operano con grande spirito di sacrificio. Per due anni hanno anticipato i costi delle missioni. Peraltro, le imprese, pagano anticipatamente l’indennità di missione, ma i dipendenti non la ricevono. Questa situazione sta generando una spirale pesantissima che blocca il comparto”.
Le imprese siciliane che operano nel settore dell’estrazione non possono così rinnovare le loro licenze annuali all’uso dell’esplosivo, che viene utilizzato per abbattere il materiale roccioso. “La licenza – spiega Damigella – viene rilasciata dalle Questure previo parere tecnico annuale, il N.O.E. (Nulla Osta Esplosivi), che deve essere rilasciato dal Distretto Minerario, dopo il sopralluogo. Se il sopralluogo non viene effettuato, non si può ottenere la licenza”.
“Saremo costretti a licenziare – conclude Damigella – o, nel caso di subentro in una nuova cava, non potremo assumere. Con il blocco delle cave, subisce gravi conseguenze anche il settore dei trasporti, della lavorazione e quello edile, con il rischio di ingenerare una catena di licenziamenti. Inoltre, i nostri clienti, se non possono trovare qui il materiale lapideo, si rivolgeranno ad altri fornitori, soprattutto alla Spagna, Turchia e alla Grecia, che sono diretti concorrenti dei marmi siciliani. E noi perderemo commesse importanti. È un rischio che la Sicilia non può permettersi”.

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