“Prevedibile una seconda ondata”

Il ministro Speranza: "Probabilmente l'epidemia tornerà, dobbiamo essere pronti". Studio italiano: "Lockdown ha evitato il doppio dei morti"

ROMA – “Una seconda ondata epidemica è temuta da tutti gli scienziati del mondo: chi ha il compito delle decisioni politiche non può sottovalutare tale eventualità e dobbiamo farci trovare pronti”. Il ministro della salute Roberto Speranza, intervistato da Sky, non abbassa la guardia.
“Per questo – spiega – abbiamo aumentato i posti in terapia intensiva del 115%. Siamo preoccupati dall’ipotesi di una seconda ondata e il paese deve farsi trovare pronto nella sua interezza. Vediamo i dati giorno per giorno: abbiamo retto bene le aperture del 4 maggio ma poi ci sono state numerose altre aperture il 18 maggio. L’incubazione del virus è in media 7 giorni, quindi i dati veri per misurare cosa è avvenuto dal 18 maggio li vedremo solo a fine mese e solo quelli ci consentiranno davvero di capire cosa è avvenuto. Analizzeremo questi dati e sulla loro base prenderemo le decisioni da qui al 3 giugno”.
Per quanto riguarda le scuole “a settembre senz’altro riapriranno – dice Speranza – e riapriranno sicuramente per tutti. In queste ore c’è un lavoro intenso del ministero dell’Istruzione e del Comitato tecnico scientifico perché questa riapertura avvenga nella massima sicurezza”.
Secondo uno studio italiano l’allarme sociale, veicolato dalle informazioni date da mass media e autorità, ha influito sull’andamento dell’epidemia. Il comportamento responsabile degli italiani durante il lockdown ha evitato di raddoppiare il numero delle morti e scongiurato circa il 46% in più di contagi.
Il modello matematico è stato elaborato da Bruno Buonomo dell’università Federico II di Napoli, e Rossella Della Marca, dell’università di Parma, e pubblicato su medrXiv, sito che ospita i lavori non ancora rivisti dalla comunità scientifica. “Nello studio abbiamo suddiviso la popolazione sulla base della gravità della malattia, tra sani, infetti asintomatici e sintomatici, e guariti, e considerato i dati epidemiologici del periodo compreso fra il 24 febbraio, quando è stato emesso il primo bollettino dalla Protezione civile, e il 18 maggio”, spiegano gli autori.
“L’informazione – continuano – ha provocato allarme sociale nella popolazione, che ha risposto e aderito alle restrizioni del lockdown in modo significativo”. L’informazione ha riguardato in particolare i dati sulle persone ricoverate in ospedale e in isolamento domiciliare. “Abbiamo stimato che la copertura informativa, arrivata tramite i mass media e le autorità, sia stata dell’80%. Ciò significa che dei casi accaduti, l’80% è arrivato ed è stato riportato al cittadino, mentre il 20% si è perso, perché i dati non sono stati raccolti o si sono dispersi”, proseguono i ricercatori.
Nel modello è stato calcolato anche il ritardo con cui sono arrivate le informazioni. “Da quando cioè le strutture sanitarie hanno comunicato i dati a quando questi sono arrivati ai cittadini, abbiamo stimato che siano trascorsi circa 3 giorni”, aggiunge Della Marca. Complessivamente l’adesione degli italiani alle restrizioni imposte con i lockdown, conclude, “ha permesso di scongiurare il 46% in più dei contagi rispetto allo scenario più catastrofico di assenza di adesione volontaria e di evitare di avere il doppio delle morti”.

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