L’ira di Candela contro Musumeci e Razza: “Deve levare dai cogl… il bambino”

Nelle intercettazioni il coordinatore regionale per l'emergenza Covid si definisce "il capo condominio della sanità siciliana". Il dossieraggio per premere sul governatore

 

 

 

Il nome più noto tra gli arrestati dell’operazione “Sorella sanità” su un giro di mazzette relativo ad alcuni appalti pubblici milionari è quello di Antonio Candela, 55 anni, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 in Sicilia.
Durante il periodo in cui rivestiva la carica di direttore generale dell’Asp di Palermo, la più grande della Sicilia, Antonio Candela era stato protagonista di numerose iniziative per la trasparenza e la legalità. Tanto da ricevere i complimenti dell’allora presidente della Regione Rosario Crocetta e dell’assessore alla Sanità del tempo, Lucia Borsellino, per i risparmi ottenuti dalla sua gestione.
In particolare Candela aveva revocato diverse gare d’appalto con risparmi per circa 54 milioni di euro: 10 per la base d’asta della fornitura di pannoloni, 6 per la base d’asta dei sistemi informativi dell’azienda, 18 per l’appalto dei sistemi di vigilanza e circa 20 milioni il servizio di gestione e manutenzione degli impianti tecnologici. “Un record raggiunto – aveva spiegato Antonio Candela – con una serie di aggiustamenti che tengono conto anche di alcuni fattori prima non inclusi nelle ex basi d’asta delle gare”. Contro queste revoche erano stati presentati diversi ricorsi al Tar, al Cga e al Consiglio di Stato, quasi sempre i giudici avevano dato ragione all’ex manager.
Il quadro che emerge dalle intercettazioni dell’inchiesta nei confronti dell’ex manager dell’Asp di Palermo non è tuttavia quello di una paladino della legalità ma di una “pessima personalità”, come scrive il Gip nella sua ordinanza. “Ricordati che la sanità è un condominio, io sempre capo condominio rimango”, dice Candela senza sapere di essere intercettato.
Ricatti, dossier e minacce più o meno velate. Le modalità delle nomine nella sanità siciliana vengono ricostruite nell’inchiesta della Guardia di Finanza in modo chiarissimo. Nell’ordinanza del gip Claudia Rosini si parla chiaramente di spregiudicatezza e pressioni per ottenere incarichi. Nelle conversazioni intercettate tra gli indagati di legalità non ce n’è neppure il minimo accenno.
“Particolare menzione – scrive il Gip – merita la conversazione del 18 novembre del 2018 intercorsa a casa di un livoroso Candela, con il fidato faccendiere Giuseppe Taibbi ed un altro soggetto, nella quale il primo, ritrovatosi a sorpresa privo di incarichi per essere stata nominata al suo posto il proprio il 18 novembre Daniela Faraoni, parlava con disprezzo del Presidente della Regione Sicilia, dell’Assessore alla salute Ruggero Razza (il “bambino” come definito da Taibbi che il presidente Musumeci avrebbe dovuto levare “dai coglioni” per fare assessore appunto Candela), del “ladro” Vincenzo Barone “messo lì dentro”, del Damiani che “c’ha duemila cazzi che a sto punto vale la pena metterli nero su bianco”, di Alessandro Caltagirone, di “questo” Lanza in quota di Stancanelli” (senatore della Repubblica), e dei veri e propri “dossier” ricattatori che il Taibbi diceva di avere confezionato o di essere pronto a confezionare con tanto di “foto satellitari” delle “porcate” fatte da ognuno – si legge nell’ordinanza del gip – per mettere alle strette lo stesso Musumeci ed altri al fine di fare ottenere al Candela i prestigiosi incarichi cui, a loro avviso, doveva essere destinato.
Candela è stato poi nominato Coordinatore della Struttura Sanitaria di Supporto della Regione Sicilia per l’emergenza Covid 19. “Candela parlando con Taibbi – si legge ancora nell’ordinanza – illustrava nello stesso dialogo, mirabilmente, il meccanismo delle nomine negli apparati della Sanità della Regione Sicilia, per cui prevale “la logica di fare affari e politica per loro”, e quando qualcuno “cade in difficoltà si chiama lo scagnozzo e dice “guarda dimettiti”, a qualcuno dei suoi, dice “dimettiti perché qua sta succedendo un problema e io non posso pagare la panella”, perché a quel punto la necessità fa virtù, dice “non mi rompete i cazzi, tu ti devi dimettere, mi serve il posto libero, così funziona”.
 

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